AGI – La bottega del maestro cartapestaio Claudio Riso è chiusa in tempi di Covid, ma dietro la porticina che affaccia su via Vittorio Emanuele, nel cuore del borgo antico di Lecce, il lavoro procede senza sosta. È un'opera lenta, minuziosa, paziente, come impone l'antica tradizione artigianale del luogo, da cui nascono pochi ma pregiati manufatti destinati a un mercato sconosciuto prima della pandemia: Stati Uniti, ma anche Australia e paesi europei. La chiave d'accesso alla nuova dimensione è il web. La rete, il commercio on-line, le vetrine virtuali: un mondo sconosciuto fino a pochi mesi fa alla bottega Riso, oggi è pane quotidiano. I ferri arroventati nei tizzoni ardenti fissano le pieghe del manto di una Vergine, le vesti dei santi, le ruote di un carretto.
Colla, carta di giornale, acqua. Non serve altro in quest'arte povera, se non abilità e saperi ereditati da altri maestri. Unico elemento di innovazione è lo smartphone che serve per gli scatti da inserire nelle fotogallery. Nasce così una forma di marketing anch'esso artigianale, imperfetto, simbolo di un modo semplice di fare le cose, ulteriore sigillo di autenticità agli occhi dei cultori della cartapesta.
"Il Web mi ha salvato quando stavo per chiudere"
Claudio Riso ha scoperto la potenza di Internet quando stava per alzare bandiera bianca, quando tutto sembrava perduto. Grazie all'e-commerce il suo laboratorio ha azzerato distanze, abbattuto frontiere, neutralizzato gli effetti collaterali del Covid, spesso esiziali per le fragili realtà dell'artigianato locale. Un centinaio di ordini nel 2020, l'annus horribilis dell'emergenza sanitaria globale, tutte arrivate da internet, hanno tenuto in vita la storica attività.
“Ho scoperto un mondo a me sconosciuto – racconta all'AGI il maestro Riso – pur non avendo dimestichezza con la tecnologia. Mi contattano dagli Stati Uniti, dall'Australia e da tanti altri paesi stranieri e ormai lavoro solo su commissione, faccio pezzi unici in occasione di feste di compleanno, anniversari, lauree. La moglie manda la foto del marito avvocato e io realizzo la statuetta riproducendo il festeggiato con la toga sulle spalle. Stessa cosa per il giovane che si laurea, il capoufficio che festeggia i vent'anni di attività. Insomma, si sono aperti scenari inaspettati, anche se la produzione resta sempre artigianale. Per un cliente australiano ho creato un Don Chisciotte", ricorda Claudio Riso.
"I ristori dello Stato non li voglio"
Gli ordini, tanti, di questi ultimi mesi non hanno modificato i suoi metodi di lavoro. I tempi di produzione di ogni singola opera non si sono accorciati di un solo istante, continuando ad essere scanditi da gesti rimasti immutati per secoli.
Fuori, in città, le strade abitualmente percorse da migliaia di turisti, sono deserte, immerse in un silenzio surreale. Poco più in là, in via Umberto I, dove il tripudio del Barocco leccese tocca l'apice sulla facciata della basilica di Santa Croce, i negozi che vendono la cartapesta sono chiusi, “alcuni non apriranno più”, racconta Michelangelo Mazzotta nel vicino infopoint. Storie tristi di altri piccoli artigiani che non ce l'hanno fatta. Claudio Riso se ne rammarica: “È un'ecatombe. Io ringrazio il cielo e vado avanti con le mie forze. I ristori dello Stato non li voglio”. In altri tempi, già a metà marzo, Lecce brulicava di visitatori. Oggi il Barocco dei palazzi e delle chiese si esibisce in una solitaria messa in scena.