AGI - E' morto questa sera in una clinica di Roma, dove era ricoverato da qualche settimana, Mario Sarzanini, il decano dei giornalisti della cronaca giudiziaria capitolina. Nato a Genova il 29 aprile del 1934, Sarzanini ha lavorato per 40 anni all'Ansa. Dopo una breve gavetta a Milano, è esploso professionalmente a Roma dove ha seguito le vicende di cronaca nera e giudiziaria più eclatanti che hanno davvero fatto la storia di questo Paese.
Impossibile ricordare tutte quelle che lo hanno visto sempre in prima linea: tra le tante, il massacro del Circeo e l'assassinio di Pier Paolo Pasolini che hanno funestato la fine del 1975, il periodo segnato dal terrorismo 'rosso' e 'nero' con, in evidenza, il caso Moro (1978), il processo di Catanzaro (1979) per la strage di Piazza Fontana, e il delitto di Mino Pecorelli (1979) e poi lo scandalo del primo 'calcio scommesse' (1980), la strage di Ustica (1980), l'attentato al Papa (1981), il sequestro di Mirella Gregori e di Emanuela Orlandi (1983). Senza dimenticare i grandi gialli, da quello del 'Canaro' (1988) ai delitti di via Poma (1990) e dell'Olgiata (1991), dall'agguato a Ilaria Alpi (1994) alla morte di Marta Russo (1997). E ancora, gli attentati a D'Antona (1999) e Biagi (2002), firmati dalle nuove Br, fino ad arrivare alla maxi-inchiesta su 'Mafia Capitale' (2014).
Per decenni Mario Sarzanini è stato il punto di riferimento (per colleghi, magistrati, avvocati e cancellieri) della sala stampa di piazzale Clodio che considerava il suo vero ufficio: c'era lui, nel 1970, quando questo piccolo locale, in fondo al corridoio al piano terra, fu inaugurato dopo i crolli del 'Palazzaccio' di piazza Cavour per ospitare i cronisti che avrebbero dovuto frequentare la cittadella giudiziaria. E c'era sempre lui, nel novembre del 2008, quando fu la presidenza del tribunale, con un impegno finanziario non indifferente, a 'celebrare' con una fastosa cerimonia il 'restyling' della stessa sala stampa intitolata a Maria Grazia Cutuli, la cronista del Corriere della Sera uccisa sette anni prima in un agguato in Afghanistan.
In apparenza burbero e scontroso, dopo una iniziale diffidenza con i colleghi appena arrivati per capire di che pasta fossero fatti, Mario Sarzanini sapeva essere anche molto generoso e disponibile: non aveva problemi a presentare le sue stesse fonti a quei cronisti che riuscivano a conquistare la sua fiducia. Chi aveva il privilegio di affiancarlo imparava in breve tempo i segreti di questo lavoro e i trucchi per sopravvivere in un ambiente ostico come quello del palazzo di giustizia. Lui viveva per le notizie, solo per quelle, tanto era curioso. Una volta verificata la loro attendibilità potevano essere trasmesse, qualunque fosse l'ora.
Erano le notizie a scandire la sua giornata. Per Mario era assolutamente normale presentarsi di buon mattino a piazzale Clodio e rincasare a notte fonda. Del resto, non gli bastava lavorare solo per la sua agenzia di stampa.
Sarzanini aveva anche il tempo per portare avanti la collaborazione con una decina di quotidiani e qualche tg. Il giornalismo, insomma, era l'unica cosa che amava, perchè Mario era nato per fare questo mestiere: verificare la 'dritta' giusta e 'spararla' in rete il prima possibile per bruciare la concorrenza, con quel linguaggio asciutto ed essenziale che lo caratterizzava.
Sarzanini non aveva altri hobby, non coltivava altri interessi. Inevitabili il 'contagio' in famiglia e la passione per questa professione trasmessa ai figli: da Fiorenza (dallo scorso gennaio vicedirettore al Corriere della Sera), a Roberta (ufficio stampa per conto di società, aziende e liberi professionisti), ad Enrico (giornalista e conduttore a Rds). Mario ha continuato a lavorare per l'Ansa anche quando a 60 anni è andato in pensione.
Lo ha fatto nella veste di collaboratore esterno sempre con lo stesso entusiasmo e con gli stessi ritmi di una volta. "A casa mi annoio - ripeteva ai colleghi -, non so che fare". Tormentato da una serie di acciacchi fisici, ha frequentato l'ambiente di piazzale Clodio, finchè ha potuto.
Poi nel 2017, il dolore legato alla morte improvvisa del collega Ansa Francesco Tamburro, che Mario considerava una sorta di figlio professionale per averlo fatto crescere e maturare per oltre 25 anni nella cronaca giudiziaria, lo ha davvero piegato. Sarzanini lascia una famiglia molto unita (guidata dalla moglie Luciana) che lo ha assistito con amore e dedizione fino alla fine.