AGI - No, rivendica Francesco, non sono niente di tutto questo. Non sono poco coraggioso, non sono un semi eretico, non sono un irresponsabile. Niente di tutto questo: prego ed agisco. Nient’altro.
Ad ogni modo, basta questo. Perché Bergoglio non sarà quello che si dice sia, ma di cambiamenti radicali la visita in Iraq ne ha compiuti diversi. Sia sufficiente, per rendersene conto, riflettere su una frase. Meglio, una definizione da lui data.
Eccola: “un grande, un saggio, un uomo di Dio, soltanto ascoltandolo si percepisce questo"; “una persona che ha la saggezza e anche la prudenza". Mirabile dictu, il Pontefice parla di un ayatollah.
Mirabilis, magari incredibilis. Eppure è così.
Dove una volta viveva Khomeini
Il Papa ed Ali al-Sistani si sono visti a Najaf, dove oltre mezzo secolo fa viveva Ruhollah Khomeini: a due passi dalla tomba di Ali il genero del Profeta. A sentir quello che Francesco stesso ha riferito, l’intesa è stata così forte che altri passi seguiranno (seppur con i tempi cari a due religioni millenarie).
Dopo la Dichiarazione con i sunniti è lecito ora attendersi analoga svolta con gli sciiti. Quegli sciiti che, dai tempi di Khomeini, sono stati identificati in Occidente come la sentina di ogni terrorismo.
È fuor di dubbio che sigle collegate alla shiah siano state protagoniste, dagli anni ’80 in poi, di gravissimi episodi di sangue. Questo ha provocato un confronto con le democrazie occidentali sfociato in una serie di guerre che proprio in Iraq e nelle regioni circonvicine hanno avuto il loro teatro.
Adesso al-Sistani pone le basi per il superamento della contrapposizione. Prende, come sempre ha fatto, le distanze dai violenti che si annidano tra i suoi, propone pace e fratellanza. Lo stesso fa Francesco per i suoi, e anche lui dice con l’ayatollah che non esiste alcun credo in sé violento e prevaricatore. La violenza e la prevaricazione allignano nel cuore degli uomini e, se gli uomini vogliono uccidere con una scusa qualsiasi, non c’è Vangelo e non c’è Corano che tenga.
Sarà interessante vedere quali saranno i contraccolpi di questo dialogo nel vicino Iran, dove si raccolgono ancora adesso i frutti della predicazione khomeinista. I primi segnali sono di un grande entusiasmo della stampa locale. Il resto si vedrà.
Uno degli esiti, da parte cattolica, invece si può già vedere. È la chiusura, definitiva, della stagione dei teocon.
Una figura quasi dominante, quella del teocon, nel panorama dell’intellighentsia cattolica di inizio millennio: “teo” come Dio, “con” come conservatore. Di chiara derivazione, la definizione, dal “neocon” americano, cioè il neo conservatore che dalla fine degli anni ’70 in poi si è stufato di una sinistra tanto debole di idee e di personalità quanto schiava del politicamente corretto.
Non è un caso che tra i primi neocon americani si annoverino fior di liberal, come quel Daniel Patrick Moynihan storico senatore democratico che a un certo punto si stufò del suo stesso partito a guida clintoniana. Più o meno lo stesso si può dire del fondatore del movimento, Irving Kristol.
Su questo ceppo si è innestato, con il tempo, il filone teocon, che ha dato all’antagonismo (prima con l’Urss, poi con l’Islam) una patina di religiosità dal sapore talvolta di crociata. Dio è con noi, e si oppone al dialogo tra i diversi credo.
Le Torri Gemelle e oltre
Dopo l’11 Settembre è stata l’apoteosi dello scontro di civiltà, con il conio di neologismi del tipo “islamofascismo” volti ad indentificare il nemico di ieri con quello di oggi: entrambi da abbattere in un “noi o loro”.
La guerra del 2003 ha segnato l’apice di questo processo. Il suo esito fallimentare, rivelatosi per tale negli anni, ha portato con sé la lenta erosione di quella che era la amplissima base di consenso per questa “persuasione” (come la chiamava Kristol stesso).
Un doppio fallimento: se la premessa ideologica del conflitto era quella di abbattere l’Islam oltranzista e portare la democrazia, questa è ancora ben lontana dall’esseri stabilizzata come sistema di governo, mentre l’Isis ha dimostrato che tutto era stato spazzato via, in Iraq, fuorché l’integralismo, Anzi, ora era doppio, essendo gli uomini del Daesh sunniti, e non sciiti.
Ecco allora che l’uomo di Dio incontrato da Francesco ha buon gioco (avendo lui personalmente valorizzato la convivenza civile e pacifica tra etnie e religioni) nell’esaltare il dialogo. Si noti: lo ha fatto anche in questi giorni parlando di diritti “costituzionali” da garantire, come un uomo di stato occidentale.
Ecco anche Francesco proporre un’alleanza tra religioni che sia la miglior garanzia per la libertà di coscienza dei singoli.
Ecco, infine, l’esaurirsi della stagione teoconservatrice. Che poi esaurita in fondo lo era già da tempo, a causa di qualcuno che si presentava ancora più teo ed ancora più con. È il caso di Donald Trump e del suo consigliere Steve Bannon, cattolico di formazione e teorico dell’America First all’estero.
Essere scavalcati sia a sinistra che a destra è letale per ogni movimento politico o intellettuale, ed i teocon non hanno fatto eccezione. Una volta che finita è la rabbia, ed esaurito l’orgoglio, di una stagione segnata dalle rivendicazioni non resta molto.
Resta molto, invece, della guerra dei vent’anni che ha sconvolto l’Iraq: un cumulo di macerie, come quelle al centro di Mosul.
Ma restano anche un paio di uomini di Dio, e non è poca cosa.