AGI - Ha citato anche il film di Ken Loach, 'Sorry we missed you' il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, nell'introdurre la maxi indagine che ha portato ad elevare ammende per 733 milioni di euro alle principali aziende di delivery che operano in Italia. Nella pellicola il protagonista è un 50enne costretto a fare il fattorino per vivere, e sfruttato con turni massacranti. La stessa realtà - secondo i magistrati - a cui sono sottoposti lavoratori, spesso immigrati, in tutte le grandi città.
I contratti dovranno essere trasformati
Dopo le indagini partite dalla procura milanese (con l’aggiunta Tiziana Siciliano e la pm Maura Ripamonti) ed estese a tutto lo Stivale grazie al Nucleo tutela lavoro dei carabinieri (coordinato da Antonino Bolognani) saranno notificati a Just Eat, Glovo-Foodinho, Uber Eats e Deliveroo verbali che imporranno di trasformare i contratti dei rider: da lavoratori autonomi dovranno passare allo status di parasubordinati, cioè co.co.co, con contratto di lavoro coordinato e continuativo. In 60.000 dovranno essere assunti. Non più pagamento a cottimo, inoltre, visto che è vietato dalla legge, ma un contratto fisso, con tanto di obbligo di visite mediche, formazione e fornitura di attrezzature adeguate.
Gli indagati sono sei
Sei gli indagati tra i vertici delle società, con tanto di ad, presidenti dei consigli di amministrazione e delegati per la sicurezza e in tema di contratto di lavoro. Le multe sono state comminate per violazione della legge 81, che nei suoi vari articoli prevede obblighi di prevenzione dei rischi, obbligo di visite mediche e protezione individuale e di formazione specifica per le attività: le presunte violazioni hanno portato poi "alla contestazione di una serie di reati contravvenzionali per il totale di 733 milioni", che possono essere estinti pagando fino ad un quarto della pena massima. Le aziende hanno novanta giorni per adeguarsi, e non incappare in un decreto ingiuntivo.
L'indagine si è estesa a tutta l'Italia
La maxi indagine è partita da "Milano e si "è quasi imposta, perché ogni giorno vediamo per le strade migliaia di fattorini, alcuni di loro anche in infradito", ha spiegato la procuratrice Siciliano. Ma è stato poi "naturale allargarla al territorio nazionale", visto che le condizioni di sfruttamento sono uguali ovunque. "E' inaccettabile - ha affermato -: si tratta di persone che tutto il giorno vanno in bicicletta con uno zaino pesante e il rischio incidenti è altissimo. E' un lavoro duro, usurante e faticoso e i lavoratori vanno tutelati".
Da condannare anche il "meccanismo del ranking": "Non è affatto vero che hanno libertà di decidere quando andare a lavorare, perché chi non può farlo, anche solo per un giorno magari per motivi di salute, viene penalizzato" dall'algoritmo. "Non è più il tempo di dire che i rider sono schiavi, è arrivato il tempo di dire che sono cittadini che hanno bisogno di una tutela giuridica", ha affermato il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, commentando le investigazioni coordinate dal dipartimento specializzato della Procura.
"In questa situazione di Covid i rider hanno svolto una funzione essenziale sia per portare da mangiare alle persone, sia per permettere a molte imprese di sopravvivere, con le consegne". "Sono convinto - ha proseguito Greco - che i problemi che pone il commercio siano enormi e vadano affrontati da un punto di vista giuridico. Ci troviamo davanti ad un'organizzazione aziendale che funziona attraverso l'intelligenza artificiale. Non c'è più il caporalato che conoscevamo prima, con il capo-reparto che sorveglia i lavoratori, ma in questo caso è un programma a sorvegliarli. E questo è un problema che ha dei risvolti giuridici", ha riflettuto il capo dell'ufficio inquirente di Milano. I nuovi tipi di lavoro pongono poi "problemi di competenza territoriale e giurisdizione".
Secondo Greco quello dei fattorini in bicicletta è a tutti gli effetti un lavoro "subordinato". Eppure "in questa moderna configurazione dei rapporti di lavoro si nega il futuro a queste persone. La maggior parte di questi rider controllati - mille in un solo giorno quelli avvicinati dai carabinieri - sono risultati regolari in Italia e con un permesso di soggiorno, quindi non riconoscerlo significa negare a questi ragazzi la possibilità di costruirsi una carriera adeguata". Il problema giuridico che si crea non è "solo di tutele e di previdenza", ma anche "di sicurezza, di abbigliamento, di rischio quando piove e di usura delle gomme: tutto un mondo che porta a dire oggi che non basta un approccio morale al tema, ma giuridico". L'auspicio del procuratore è che questi temi siano "analizzati in una prospettiva legislativa, che è necessaria".
Un'indagine fiscale su Uber Eats
Infine un'indagine fiscale è stata aperta sempre a Milano su Uber Eats, la divisione consegne del colosso americano. Il fascicolo ha l'obiettivo di "verificare se ci sia una stabile organizzazione occulta” che nasconde al Fisco italiano gli introiti delle grandi società di delivery. I magistrati proveranno a verificare “se si debbano riportare in Italia" le entrate ottenute "attraverso l'attività dei ciclo-fattorini". Il capo dell'ufficio inquirente milanese ha spiegato che "i pagamenti" da parte dei clienti "sono effettuati online e non sappiamo dove vengono recepiti". Va ricordato che proprio dal palazzo di giustizia milanese, nella primavera scorsa, era partito il commissariato di Uber Italy, filiale italiana, per caporalato. Il Tribunale sezione autonoma misure di prevenzione, guidato da Fabio Roja, aveva disposto l'amministrazione straordinaria, dopo che il pm Paolo Storari avea scovato delle ditte di intermediazione che pagavano i fattorini meno di 3 euro a consegna con la compiacenza di una dirigente di Uber. Il processo con rito abbreviato per la parte penale è ancora in corso.