AGI - Malati ed ex malati in preda a paure, disadattamento e insicurezze, ma anche ai sensi di colpa, ritenendosi 'untori', magari guariti, ma causa del contagio altrui. Malesseri che non risparmiano nessuno, dai grandi ai piccoli. E a Messina gli psicologi corrono in aiuto... anche di sé stessi a fronte di uno stress crescente.
Un team di specialisti ogni giorno contatta i nuovi e vecchi positivi per raccogliere i loro bisogni, le necessità, fornire supporto psicologico e accompagnarli nel difficile percorso della malattia. "Gli psicologi oltre a supportare le persone colpite dal virus svolgono attività di contact tracing, è stata una felice intuizione - dice il commissario Covid Marzia Furnari facendo un bilancio dell'attività svolta - perché chi meglio dello psicologo può svolgere questo ruolo, siamo riusciti a tracciare casi particolari".
In un locale messo a disposizione dalla facoltà di ingegneria dell'università, un gruppo psicologi, distribuito in due turni, si occupa delle telefonate partendo dal tracciamento sulla base dell'elenco dei casi positivi.
"Il modo di fare dello psicologo fa sì che quel caso diventi una persona da seguire e da accompagnare in tutti i suoi bisogni", afferma all'AGI Marinella Ruggeri, medico del campo delle Neuroscienze, che insieme a Edda Paino, esperta di Prevenzione ed Epidemiologia, coordina il gruppo di 60 tra psicologi e psicoterapeuti. "Dietro quella persona – aggiunge - c'è anche la famiglia da accompagnare nelle fragilità che emergeranno, nel tampone che non arriva, nella malattia che va avanti. Inoltre come neurologo posso intervenire per quelle situazioni che non sono di pertinenza esclusivamente psicologica".
Il servizio è stato ben accolto da chi si trova in isolamento. Dalle telefonate non emergono solo le necessità pratiche ma anche timori e paure: "Lo stato d'animo più frequente - aggiunge la dottoressa Ruggeri - è l'angoscia e anche il senso di disadattamento, cioè l'idea di non farcela sia per la malattia che fa paura, sia per tutto quello che comporta la fase dell'isolamento dal punto di vista dello stigma sociale e del problema economico e lavorativo".
Soffrono un po' tutti, "con la differenza dei loro vissuti e dell'età anagrafica, il bambino e l'anziano hanno una percezione ridotta mentre il paziente della fascia media è quello che maggiormente si pone i problemi perché è anche lo stesso che ha un ruolo sociale ed economico e che sente la crisi di questo ruolo".
Poi i sensi di colpa "ci sono sempre, legati soprattutto al contagio e al fatto che portando il virus a casa si è ammalata tutta la famiglia. Il senso di colpa rimane forte, ma è un elemento sul quale si sta lavorando molto bene con tecniche specifiche seguite con gli psicologi".
Persino gli psicologi devono essere supportati per evitare situazioni di stress: "L'operatore stesso va protetto come categoria - dice Gioele Cedro, un giovane psicologo che svolge il ruolo di comunicazione e mediazione tra il personale - perché per aiutare gli altri bisogna aiutare sé stessi e il personale va sostenuto e aiutato. I nostri coordinatori ci aiutano costantemente per capire la strada da prendere e qual è la cosa migliore da fare. Siamo chiamati ad occuparci della persona e non è mai semplice".