AGI - "Oggi è meglio di un anno fa", è la considerazione del ferroviere Felice indicando i compaesani affollarsi attorno al memoriale.
La sua è una prospettiva originale: “Vedere la gente camminare per strada mi riporta a quando hanno chiuso la stazione. Per 30 anni ho visto i treni andare dritti, ascoltato i pendolari lamentarsi dei ritardi o della fatica. Poi, all’improvviso, la stazione deserta, le sale d’attesa chiuse. Sembrava che in questo paese non ci vivesse più nessuno. Ho ancora i brividi”.
"Resilienza, comunità e ripartenza"
Felice, gli speaker di radio ‘Zona rossa’, gli anziani solitari in bicicletta, la gente affacciata sui balconi, uomini e donne che alla domanda di giornalisti provenienti da tutto il mondo sul significato di questo giorno non hanno parole da spendere perché le lacrime in ricordo di chi hanno perso li ammutoliscono.
Sono tutti qui per un’opera piccola che diventerà più bella quando dai semi gettati crescerà il prato nell’area ancora brulla dove due totem in acciaio con iscritte le parole ‘resilienza, comunità, ripartenza’ saranno circondati dai fiori che sbocceranno attorno al melo cotogno, simbolo della cittadina dove il 21 febbraio 2020 venne svelato al mondo ‘fuori’ dalla Cina il primo paziente di coronavirus.
Lui, Mattia Maestri, oggi non è qui, impegnato a "dimenticare e a ricominciare a vivere”, come ha spiegato nelle poche parole affidate ai media in queste ore.
Le poesia dei bambini per chi non c'è più
Alla cerimonia contribuiscono i cantautori locali, la banda che suona il ‘Silenzio’ e l’inno nazionale, il vescovo di Lodi, Maurizio Malvestiti, che parla del “grido composto ma lacerante lanciato al mondo da qui”, i bambini che leggono i loro versi dedicati a chi se n'è andato.
“Un virus cattivo lontani vi ha portati/ma nel cuore di tutti siete restati/Nessuno mai vi potrà dimenticare/ma vi salutiamo con la speranza/di poter ancora tornare a sognare”. In platea tanti sindaci della prima zona rossa italiana, “fratelli” li definisce il sindaco Francesco Passerini, ricordando quei giorni stretti in un fortino sanitario di pochi chilometri. Presenti Attilio Fontana e Letizia Moratti, nessun rappresentante del Governo.
Il presidente della Regione loda sul palco la cittadina lodigiana come “emblematica rappresentazione di tutta la comunità lombarda. L'operosità, la pazienza, la generosità, l'ingegno, la solidarietà e la forza sono i caratteri distintivi di questa grande terra”. L’assessore al Welfare resta in platea esprimendo a margine “grande vicinanza a questa comunità che nonostante la tragedia ha saputo con orgoglio e determinazione rialzarsi”.
Per il sindaco "l'alba è vicina"
Il sindaco che a 35 anni ricevette la chiamata dal prefetto di Lodi che annunciava il primo contagio catapultandolo il suo paese in una dimensione inimmaginabile guarda avanti: “Abbiamo l'arma del vaccino, solo con la vaccinazione di massa possiamo pensare di riprenderci le nostre vite e guardare al futuro. Manteniamo il senso di responsabilità: dobbiamo stringere i denti, l'alba è vicina”.
Nel memoriale sono state collocate delle panchine in cemento dove, è l’auspicio di Passerini, i codognesi di oggi e quelli di domani potranno sedersi e pensare ai 154 morti di marzo (46 l’anno prima nello stesso periodo) su 16mila abitanti, e a quelli dopo, alla Chiesa svuotata per contenere le bare, con una media di 18 bare al giorno, sempre in quel mese, ma anche a quelli che il sindaco definisce “gli atti straordinari di persone ordinarie”. Tra questi si annoverano quelli degli operatori della Croce Rossa davanti alla cui sede, non per caso, sorge il memoriale.
Un anno fa da qui cominciava il coro incessante delle sirene che avrebbe attraversato tutta l'Italia. (AGI)