AGI - Scivolò sui gradini dello stadio Olimpico, dove era in corso una partita di calcio, a causa di un liquido oleoso a terra e, per questo, aveva citato in giudizio Coni Servizi spa (oggi denominato Sport e Salute spa, ndr): protagonista della storia, un uomo al quale oggi la Cassazione ha dato ragione, e che dovrà quindi essere risarcito dalla società.
Dai giudici di merito pronunce discordi sul caso
Il ricorrente aveva intrapreso la causa nei confronti di Coni Servizi, quale ente proprietario dello stadio, imputandogli una responsabilità da "omessa custodia": in primo grado, il suo ricorso era stato respinto, poichè il giudice, dall'istruttoria effettuata, aveva dedotto che il liquido che aveva causato la caduta fosse stato "versato da terzi", ossia "da qualcuno dei presenti allo stadio" e quindi, che non vi fosse alcun "difetto di custodia" di Coni Servizi.
In appello, però, tale pronuncia era stata ribaltata: i giudici di secondo grado, infatti, interpretando diversamente le deposizioni dei testimoni, avevano concluso affermando che la sostanza oleosa "non era stata versata da qualcuno del pubblico, ma piuttosto era 'prodotta' dallo stesso impianto sportivo", osservando che Coni Servizi, sul punto, non aveva prodotto alcuna "prova liberatoria".
Contro questa sentenza, Coni Servizi si era dunque rivolto alla Cassazione, sottolineando, nei suoi motivi di ricorso, che la macchia d'olio fosse "un fattore esterno che costituisce caso fortuito" e che, dunque, il proprietario della struttura fosse esonerato da responsabilità.
La decisione definitiva della Cassazione
I giudici della sesta sezione civile del 'Palazzaccio' hanno rigettato il ricorso della società: "La dimostrazione che il liquido è stato versato da terzi e che non è stato possibile intervenire tempestivamente per eliminarlo grava sul custode, in quanto costituisce oggetto della prova liberatoria", si legge nella sentenza depositata oggi, e il fatto che "la macchia non sia opera di terzi ma fosse presente sui gradini per altre ragioni, legate alla stessa struttura, è accertamento in fatto, operato dalla Corte" d'appello di Roma "e motivato", conclude la Cassazione.