AGI - Il piano pandemico per il biennio 2021-2023 approvato dalla Conferenza Stato-Regioni “è di difficile lettura e di ardua applicazione, esattamente come lo era quello del 2006”. Lo scrive in un’analisi Pier Paolo Lunelli, l’ex generale dell’esercito coordinatore di Anagenesis, il neonato Centro di Ricerca e Monitoraggio Pianificazione Pandemica.
Secondo l’esperto, che ha redatto protocolli pandemici per diversi Stati europei, il ‘Piano strategico-operativo nazionale 2021-2023’, coordinato e approvato dalla Conferenza Stato - Regioni, “non è un piano pandemico bensì un mix volto ad acquisire soltanto parte delle capacità necessarie per poter elaborare un piano pandemico. Vi sono elementi, ma non tutti, riguardanti la preparazione, ed elementi della risposta, ma non tutti quelli necessari”.
"Mancano parte delle risorse necessarie"
In particolare, un piano pandemico per "essere pronto a essere eseguito" presupporrebbe "l'effettiva disponibilità delle risorse necessarie".
Queste risorse "sono state individuate nel lontano 2007 da una costola dell'Oms, il Segretariato del Regolamento sanitario internazionale (RSI) in otto 'capacità fondamentali che dovevamo acquisire tutte". Senza queste competenze, il Piano "rimane nel libro dei sogni" e in parte per Lunelli questo è il rischio che corre il nuovo documento.
Le “principali carenze concettuali che emergono dallo studio della direttiva” vengono individuate da Lunelli “nell’incompleta e in alcuni settori mancata adesione alle linee guida dell’Oms e al Regolamento Sanitario Internazionale, nella grave sottovalutazione del ruolo della capacità di ‘coordinamento strategico’ che apparirebbe declassata a un banale Punto di Contatto, nella mancanza della legislazione di supporto richiesta dal Regolamento Sanitario Internazionale, nell’assenza di un piano a livello strategico, in un’organizzazione di comando e controllo lacunosa che in caso di emergenza si può tradurre in pericolose isteresi”.
"Linguaggio burocratese"
Lunelli si mostra critico anche su com'è scritto il Piano. "Basti confrontare - scrive - il Piano svizzero di risposta a una pandemia del 2018 con quello del Ministero della Salute per cogliere una grande differenza. La semplicità e la chiarezza di esposizione nel primo è contrapposta al frequente uso del 'burocratese' nel secondo. Tutto questo potrebbe essere origine di interpretazioni, conflitti, dispute e incomprensioni. Inoltre, la delega quasi totale del completamento delle capacità e delle risorse umane alle Regioni avrà come conseguenza l'emergere di velocità differenziate e chissà quanti altri problemi tra contese e dispute".