AGI - Un invito a tenere vicino a noi il Vangelo. A portarlo sempre in tasca, in borsa, per leggerne durante il giorno almeno tre, quattro versetti. E un invito a spegnere tv e cellulare e dedicarsi alla lettura della Bibbia. Papa Francesco esorta a non rinunciare e a non tener lontana la Parola di Dio, "lettera d'amore scritta per noi da Colui che ci conosce come nessun altro".
Lo fa nell'omelia in occasione della messa per la II Domenica della Parola di Dio. In San Pietro però lui è assente a causa di un riacutizzarsi della sciatalgia, a celebrare e a pronunciare il testo, monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. "Mettiamo il Vangelo in un luogo dove ci ricordiamo di aprirlo quotidianamente - scrive il Pontefice - magari all'inizio e alla fine della giornata, cosi' che tra tante parole che arrivano alle nostre orecchie giunga al cuore qualche versetto della Parola di Dio. Per fare questo, chiediamo al Signore la forza di spegnere la televisione e di aprire la Bibbia; di chiudere il cellulare e di aprire il Vangelo".
E Bergoglio consiglia il Vangelo di Marco, "il più semplice e breve", "ci farà sentire il Signore vicino e ci infonderà coraggio nel cammino della vita". "La Parola di Dio - ricorda - ci permette di toccare con mano" la vicinanza con il Signore perché "non è lontana da noi, ma è vicina al nostro cuore. è l'antidoto alla paura di restare soli di fronte alla vita". La Parola di Dio infonde "pace, ma non lascia in pace" perché, sottolinea, "con la sua vicinanza è finito il tempo in cui si prendono le distanze da Dio e dagli altri, è finito il tempo in cui ciascuno pensa a sè e va avanti per conto proprio.
Questo non è cristiano, perché chi fa esperienza della vicinanza di Dio non può distanziare il prossimo, non può allontanarlo nell'indifferenza". E prima della recita dell'Angelus Bergoglio, dalla Biblioteca del Palazzo apostolico vaticano, si sofferma sulla predicazione di Gesù ("II tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo") per far riflettere a considerare il tempo anche in relazione alla durata della nostra vita: "Per ciascuno di noi il tempo in cui poter accogliere la redenzione è breve: è la durata della nostra vita in questo mondo. è breve (...) E la vita è un dono dell'infinito amore di Dio, ma è anche tempo di verifica del nostro amore verso di Lui. Perciò ogni momento, ogni istante della nostra esistenza è un tempo prezioso per amare Dio e per amare il prossimo, e cosi' entrare nella vita eterna".
La salvezza "non è automatica", precisa il Papa. È "un dono d'amore e come tale offerto alla libertà umana. Sempre, quando si parla di amore, si parla di libertà: un amore senza libertà non è amore; può essere interesse, può essere paura, tante cose, ma l'amore sempre è libero, ed essendo libero e richiede una risposta libera: richiede la nostra conversione". Si tratta quindi di cambiare "mentalità", cambiare vita, "non seguire più i modelli del mondo, ma quello di Dio".
È un cambiamento "decisivo di visione e di atteggiamento", dice mettendo in guardia dal "peccato della mondanità che è come l'aria, pervade tutto" e porta "una mentalità che tende all'affermazione di sè stessi contro gli altri e anche contro Dio". La mentalità del peccato, la mentalità del mondo, che usa "l'inganno e la violenza", che porta a "cupidigia, voglia di potere e non di servizio, guerre, sfruttamento della gente... Questa è la mentalità dell'inganno che certamente ha la sua origine nel padre dell'inganno, il grande bugiardo, il diavolo. Lui è il padre della menzogna, così lo definisce Gesù".
"A tutto ciò si oppone il messaggio di Gesù - aggiunge - che invita a riconoscersi bisognosi di Dio e della sua grazia; a avere un atteggiamento equilibrato nei confronti dei beni terreni; a essere accoglienti e umili verso tutti; a conoscere e realizzare sè stessi nell'incontro e nel servizio agli altri", conclude invitando a stare attenti a non lasciare passare Gesù senza riceverlo.
Al termine dell'Angelus Papa Francesco prega per le famiglie "che fanno più fatica in questo periodo" e per Edwin, un senzatetto morto di freddo, a pochi passi da San Pietro. "Pensiamo a Edwin. Pensiamo a cosa ha sentito quest'uomo, 46 anni nel freddo, ignorato da tutti. Abbandonato, anche da noi. Preghiamo per lui", afferma il Pontefice sottolineando che la sua vicenda "si aggiunge a quella di tanti altri senzatetto recentemente deceduti a Roma nelle stesse drammatiche circostanze. Preghiamo per Edwin.
Ci sia di monito quanto detto da San Gregorio Magno, che, dinanzi alla morte per freddo di un mendicante, affermò che quel giorno non si sarebbero celebrate Messe perché era come il Venerdi' santo".