AGI - "Viviamo in condizioni critiche, ci sono topi, l'eternit... di tutto. Sapevamo che a gennaio dovevano darci la casa, ma il Covid ha fermato ogni cosa... è un momento difficile, l'avremo verso marzo, aprile... forse il tempo di superare questa condizione". Nonostante tutto è fiducioso il signor Letterio. Parla con l'AGI appena dopo aver fatto il tampone, è risultato negativo e ha potuto tirare un sospiro di sollievo.
Da circa 20 anni abita a Fondo Fucile, in una delle baraccopoli di Messina dove casupole sono addossate l'una sull'altra. In queste condizioni mantenere le distanze è complicato.Siamo entrati in questo mondo oscuro, ne abbiamo sentito le voci, annotato passaggi della storia di uno scandaloso degrado, narrazione dolente di un vecchio libro delle incompiute di cui non si riesce a voltare pagina.
Una situazione, peraltro, che fin dal primo lockdown ha suscitato molte preoccupazioni, ma che adesso, con la pandemia che sta colpendo in modo più duro, fa ancora più paura. Per prevenire focolai e il propagarsi del virus l'Asp di Messina, con il supporto della Protezione Civile comunale e di Arismè, l'Agenzia per il risanamento di Messina, ha promosso lo screening dei residenti.
Squadre di medici sottopongono a tampone i residenti che si presentano a bordo delle auto, mostrando la tessera sanitaria. Il test è gratuito e volontario. Subito lo screening è stato rivolto agli abitanti della zona sud; a seguire anche a quelli di altre zone che ricadono nell'area del risanamento.
Le baraccopoli di Messina sono storia antica che non è stata mai risolta. Molte risalgono agli anni Cinquanta, alcune sono sorte anche in periodi precedenti. Poveri edifici venuti su dalla sera alla mattina, ai margini dei rioni più popolari, che anno dopo anno sono aumentati, passati di padre in figlio, come una eredità molesta.
Generazioni sono nate e cresciute in queste abitazioni e molti sono anche morti senza vedere realizzata la speranza di un alloggio vero. Sono le baraccopoli di Fondo Fucile, Mangialupi, Tirone, Camaro, Giostra, Annunziata... Una teoria infinita della grande bruttezza e del mal di vivere.
Una delle aree più grandi è quella del rione Taormina: qui non ci sono baracche, ma casette ultrapopolari. I più anziani ricordano che furono assegnate ai tempi di Mussolini, dovevano essere alloggi provvisori, ma sono ancora in piedi. "Abito con mia moglie da 50 anni nel rione Taormina - fa scrivere sul taccuino dell'AGI un anziano - e non mi hanno mai assegnato una casa, abbiamo avuto i figli adesso ci sono i nipoti e i pronipoti e siamo ancora là".
Ormai non crede più che possa accadere qualcosa: "Ogni dieci anni vengono i vigili urbani a fare le misurazioni, non ci crediamo che ci danno le case. Ci sono andato ad abitare a 20 anni, ne ho 70 e siamo sempre allo stesso punto, le aggiustiamo in continuazione perché ci piove dentro".
L'umidità è il nemico principale di queste abitazioni e spesso i residenti cercano di limitare i danni a loro spese: "Sono case vecchie - ripete una signora guardandosi intorno rassegnata - da quando ero piccola si parla di nuovi alloggi, ma ancora aspettiamo".
Quello del risanamento di Messina non è un problema da poco: riguarda circa 2.300 famiglie che vivono in 86 baraccopoli di piccole, grandi e medie dimensioni: in tutto 8 mila persone e tra loro ci sono molti bambini, disabili, malati terminali, anziani e persone in difficoltà. Alcuni vivono in case con i tetti di amianto, con la fogna che scorre vicino casa e la costante presenza di topi e blatte. Una situazione gravissima sotto il profilo sanitario e sotto quelli ambientale e sociale.
La politica ha provato a dare risposte, anche con una legge speciale: nel 1990 la Regione siciliana riuscì a varare un provvedimento che stanziava 500 miliardi di vecchie lire e che doveva rappresentare la risposta alle esigenze di tanti messinesi che vivevano nelle aree degradate. Ma a distanza di 30 anni e nonostante i finanziamenti previsti, solo alcuni utilizzati e poche volte bene, le baracche sono rimaste dove erano.
Nel 2018 si è intrapreso un nuovo cammino: è stata creata Arismè, l'agenzia per il risanamento di Messina con la missione di dare un'unica regia. Presidente di Arismè è l'avvocato Marcello Scurria: "C'era una sorta di spezzettamento delle competenze che poi ha determinato il cortocircuito e i ritardi. Con l'agenzia abbiamo riacceso i riflettori sul risanamento".
Dello stesso periodo anche la richiesta dello stato d'emergenza da parte del sindaco Cateno De Luca. Ha disposto accertamenti sanitari e ambientali, anche da parte dell'Arpa, che hanno confermato il quadro gravissimo. La richiesta era stata accolta dalla Regione che a sua volta l'aveva sottoposta a livello nazionale, ma alla fine non è passata.
Successivamente sono arrivati tre disegni di legge presentati dai deputati messinesi di diversi schieramenti (Matilde Siracusano, Pietro Navarra e Francesco D'Uva), ma nel frattempo è esplosa l'emergenza Covid che ha bloccato tutto.
"Con una legge - prosegue Scurria - si chiedono soprattutto deroghe alla legislazione per poter intervenire in maniera più veloce, perché ora stiamo agendo in via ordinaria, con tutti i problemi che ne derivano. Abbiamo cambiato il sistema: finora si era progettato e costruito, ma abbiamo imparato che quello che veniva progettato nel 2006 dallo Iacp poi veniva consegnato nel 2018, cioé dopo 12 anni.
Stiamo quindi comprando sul libero mercato tutto quello che troviamo e che ovviamente abbia i requisiti: questo ci consente di aiutare le persone anche sotto il profilo della inclusione sociale". Ragiona il manager pubblico: "Un conto è tirarli fuori da una baraccopoli e rimetterli in un altro ghetto che è un focolaio in esplosione, un altro è farli andare in una casa". Si cerca di velocizzare l'iter. Avverte: "Non si possono più ripetere gli errori del passato". Basterà?