AGI - “Fino a due anni fa mi occupavo di formazione in ambito teatrale, poi la pandemia ha cancellato i venti anni della mia professione, come purtroppo tanti altri lavori. E oggi sono in una struttura che si occupa di servizi e svolgo diversi lavori. Più precisamente da questa mattina sono uno steward che deve assistere i ragazzi delle scuole superiori e controllare che sugli autobus la capienza sia tale da garantire il distanziamento”.
Enrico, 43 anni, è uno dei tanti assistenti della città Metropolitana di Firenze che da questa mattina all’alba, 'armati' di pettorina gialla catarifrangente e abito rigorosamente nero, staziona in una piazza della città, tradizionalmente snodo strategico per i trasporti urbani. Ma molti altri suoi ‘colleghi’ sono anche davanti alle tante scuole della città per agevolare gli ingressi e le uscite dei ragazzi.
Ma l’esperienza di Enrico in fatto di sicurezza parte da lontano. “Per molti anni, quando ero più giovane mi occupavo di sicurezza nelle discoteche...quello che in tanti chiamano ‘buttafuori’. “Al punto che mi sono preso anche il patentino e l’abilitazione per svolgere questo tipo di attività. Ma non era un lavoro vero e proprio. Lo facevo per arrotondare le entrate e per pagarmi gli studi”.
Quattro i ‘facilitatori’ in questa piazza e dodici le linee di autobus da presidiare che senza sosta si fermano pochi secondi per consentire la discesa o la salita dei passeggeri verso gli uffici, le scuole o semplicemente per cambiare bus. “Il piano – spiega Enrico - è scattato poco dopo l'alba. Con i primi bus fuori dalle autorimesse noi steward avevano già preso posizione nelle fermate strategiche della città, so che alcuni sono anche davanti alle scuole”.
Pattuglie di donne e uomini che per essere maggiormente riconosciuti e rassicurare le persone portano al collo un cartellino con su scritto ‘Città Metropolitana di Firenze, progetto ‘ti accompagno’.
Modi garbati, ma fermi e "le persone, così come gli studenti l’hanno presa bene – aggiunge lo steward – ascoltano e seguono i nostri consigli. Se il bus è pieno, cerchiamo di spiegare che pochi minuti dopo ne arriva un altro”. Ecco dunque che un gruppetto di persone desiste dal salire per attendere la corsa successiva “solo così -prosegue - il distanziamento è assicurato”.
Quanto a situazioni critiche “per il momento – spiega - nessuna. C’è grande collaborazione. La gente, a partire dai più giovani ha compreso che non lo facciamo per capriccio, ma per il bene della comunità”.
In passato, invece, di situazioni rischiose ne ha viste. In alcuni periodi dell’anno, "soprattutto l’estate, almeno un paio a settimana".
Ma quello è un altro mondo “sul quale si dovrebbe fare più prevenzione” spiega l’ex buttafuori. “Talvolta gruppi di giovani, si presentavano all’ingresso già con un grado alcolico alto. Ma “se le buone maniere non riuscivano a persuaderli chiamavamo i carabinieri".
Se ne vedevano un po' di tutti i colori. “C’erano quelli che con modi un po' prepotenti volevano entrare senza pagare il biglietto o, sempre complice l’alcool, ricordo di quella volta in cui un paio di energumeni in sala disturbavano un pò troppo delle ragazze. I loro fidanzati cominciavano a innervosirsi e solo grazie al nostro intervento, evitammo che all’interno del locale si scatenasse una rissa. In questo caso l’intervento finì con lo spostamento di peso di questi due ragazzoni alticci”.