AGI - Adesso è un uomo libero ed è tornato a vivere con la moglie. Ma tre anni fa, proprio la difficile convivenza con il coniuge, gli aveva fatto preferire il carcere agli arresti domiciliari. Protagonista un quarantenne di Isola Capo Rizzuto, nel Crotonese, condannato in primo e secondo grado per evasione dagli arresti domiciliari ma che ora la Cassazione ha assolto riconoscendo la particolare tenuità del fatto.
L’uomo nel 2017 stava scontando i domiciliari per il possesso di un’arma ma a causa dei continui litigi con la moglie un giorno era uscito di casa recandosi dritto alla vicina caserma dei Carabinieri ai quali aveva esplicitamente spiegato di preferire il carcere alla convivenza con la donna. “Vattene a casa se non devo arrestarti” lo aveva ammonito il maresciallo della stazione dell’Arma, ma l’uomo aveva ribattuto: “allora portatemi da mia mamma”.
Alla fine il quarantenne era stato trasferito in carcere e i giudici gli avevano inflitto una condanna per il reato di evasione dai domiciliari. Senza neppure la sospensione condizionale della pena. Il suo difensore, l’avvocato Vincenzo Girasole, non si è tuttavia arreso di fronte a quella pronuncia e dapprima gli ha fatto ottenere i domiciliari, ma questa volta a casa della madre, quindi si è rivolto alla Cassazione.
“L’uomo abita a poche decine di metri dalla stazione dei carabinieri – spiega all’AGI l’avvocato Girasole – ed è uscito di casa unicamente per andare in caserma, in pratica per autodenunciarsi”. Gli ermellini hanno accolto la tesi difensiva stabilendo che “l'ipotesi di una evasione per scopi diversi da quelli dichiarati dall'imputato confligge con la stessa descrizione del fatto contenuta nel capo di imputazione, in cui l'allontanamento viene descritto in modo corrispondente alla versione resa dall'imputato”.
Ragione per cui, “essendo stata già assodata la minima offensività della condotta di evasione, per la breve durata in cui l'imputato si è allontanato dal luogo degli arresti domiciliari al solo ed unico fine di sottoporsi al controllo diretto delle forze di polizia”, ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna perché il fatto non è punibile per la particolare tenuità.