AGI - Giorgio Valsecchi era alto, grosso, con un lampo ilare negli occhi. Per quattro decenni le sue carrozze – l’odore che amava di più: cuoio, pelle e legno vecchio – sono comparse in tutte le rappresentazioni della Bohéme, dell’Aida e della Manon Lescaut alla Scala e all’Arena di Verona, in tante produzioni Rai, come i ‘Promessi Sposi’, in film di successo come ‘Il Gladiatore’ e nel ‘Portobello’ di Ezio Tortora che lo accoglieva così, a bordo del calesse trainato da due cavalli: 'Adesso arriva il Giorgione’”.
Raccontava di avere fatto la quinta elementare e che i suoi libri erano stati “gli anziani che avevano lavorato coi cavalli, li ascoltavo muto per giorni".
Le carrozze le custodiva, lucide e amate, nella sua fattoria al Pian del Tivano, a mille metri di altezza sopra Como, dove si arriva percorrendo una strada da mal di testa, tutte seni e golfi come il vicino lago fino al rifugio che non ha mai voluto lasciare, nemmeno dopo la morte della moglie con la quale ha sempre condiviso cieli e solitari prati di montagna.
Tutte le carrozze se le era comprate lui, nessuna eredità, pagandole anche milioni di lire. “Le ho prese conciate e ci ho messo l’amore e la passione per farle rinascere. Quando le porto a restaurare non le lascio mai sole. Vado tutti i giorni a controllare se rinascono come voglio”.
Per ciascuna, una storia. Il carretto siciliano della ‘Cavalleria Rusticana’ quando arriva Alfio, la carrozza sulla quale la Manon di Massenet entra nella Parigi in festa. La ‘brisca’ identica a quella della principessa Sissi. E poi c’erano suoi ‘attori’: Zeus, il cavallo bianco del ‘Crepuscolo degli dei’ di una prima scaligera, l’asinello de ‘I pagliacci’, la mucca della pubblicità di un famoso cioccolato, bestie chiamate sui palchi di tutto il mondo per la bellezza che gli dava allevandole, diceva, “con umiltà”.
È morto a 82 anni, lo hanno trovato nella stalla, accanto ai suoi cavalli.