AGI - Il vaccino di AstraZeneca, sui cui l'Italia ha puntato molto anche per la compartecipazione della azienda di Pomezia Irbm, non arriverà all'inizio dell'anno: "È molto improbabile" l'approvazione entro gennaio da parte dell'Ema, ha ammesso oggi il vicedirettore dell'agenzia europea del farmaco Noel Wathion. Un problema per l'intera Europa ovviamente, che del vaccino sviluppato a Oxford ha prenotato 400 milioni di dosi, e per l'Italia in particolare.
Il nostro Paese ha una prelazione su 40,38 milioni di dosi (ben più di quelle prenotate per l'unico vaccino a oggi disponibile, quello di Pfizer, di cui arriveranno in tutto 26,92 milioni di dosi). Ma soprattutto, nel primo trimestre 2021 il vaccino AstraZeneca avrebbe dovuto fare la parte del leone: il piano conta infatti sulla disponibilità di 16,1 milioni di dosi nei primi tre mesi, mentre il vaccino Pfizer dovrebbe essere distribuito in 8,7 milioni di dosi, quello Curevac ancora in fase di studio in 2 milioni di dosi e il siero di Moderna, non ancora approvato in Europa, in 1,3 milioni di dosi.
È chiaro quindi che questo programma, che prevede l'utilizzo di 202 milioni di dosi complessive, ha bisogno di una disponibilità immediata del vaccino AstraZeneca, che invece oggi sappiamo non arriverà, con tutta probabilità, prima di febbraio.
Un problema che si somma al ritardo già annunciato dalla francese Sanofi, che probabilmente non sarà pronta prima della fine del 2021. Anche qui, sono 40,38 milioni le dosi prenotate dall'Italia: metà si prevedeva di utilizzarle nel terzo trimestre 2021 e l'altra metà nel quarto. Il rischio di rinvio al 2022 è concreto. Rimane poi l'incognita maggiore, quella rappresentata dal vaccino Johnson&Johnson.
Maggiore perché è di gran lunga quello più presente nel piano italiano con 53,84 milioni di dosi: la distribuzione dovrebbe partire nel secondo trimestre 2021 con i primi 14,8 milioni di dosi, mentre nel terzo e quarto trimestre arriveranno (o dovrebbero arrivare) complessivamente 64,6 milioni di dosi.
Il problema anche in questo caso è che i tempi sono incerti: l'azienda ha annunciato dieci giorni fa l'avvio dello studio di fase 3 e contemporaneamente della "rolling review", ossia la valutazione dei dati in corso d'opera, da parte dell'Ema. Se l'ok definitivo arrivasse entro il primo trimestre l'Italia sarebbe "salva", non prevedendo come detto dosi nei primi tre mesi dell'anno.
Con ulteriori ritardi, invece, l'intero piano dovrebbe essere riscritto, anche perché il grande vantaggio del vaccino J&J è che non serve il richiamo, mentre se fosse necessario un almeno parziale "rimpiazzo" ad esempio con altre dosi da Pfizer bisognerebbe calcolare un raddoppio del fabbisogno.