AGI - Non era Spelacchio, ma un bellissimo e lunghissimo cipresso. Però, poco adeguato per festeggiare il Natale, visto che accompagna lungo i viali dei cimiteri l'incedere triste di chi va a piangere i propri cari.
Era comparso davanti al Teatro Politeama, nel cuore di Palermo, lì dove di solito viene messo l'albero di Natale; e sui social si è subito scatenata un'ironia pari a quella che dovette subire a suo tempo il sindaco di Roma, Virginia Raggi. Ed è sparito.
È stato tutto un equivoco, anzi un eccesso di buona volontà da parte degli operai del Comune. Almeno, questo è ciò che, sprofondata nell'imbarazzo, afferma la giunta di Leoluca Orlando, per bocca dell'assessore al Verde, Sergio Marino, nell'intento di "rassicurare gli amanti della tradizione che a breve un albero adeguato sarà collocato nella piazza e ciò avverrà gratuitamente come già previsto".
Ma cosa è successo all'albero di Natale pensato per piazza Castelnuovo? Il racconto che ne fa Marino riporta alla mente le favole di Giufà, eroe comico della letteratura popolare araba e siciliana riportato alla luce dall'etnologo palermitano Giuseppe Pitrè.
"Ieri a Polizzi Generosa, durante il caricamento su un mezzo comunale di un abete donato dalla Forestale al Comune - racconta l'assessore - si è danneggiato".
Pensando che non vi fossero altri alberi disponibili, "gli operai comunali sono quindi rientrati in città e non volendo lasciare sguarnita la piazza hanno autonomamente deciso di prendere un albero che era stato tagliato all'interno della Favorita in quanto malato".
I palermitani, che negli anni hanno visto la propria città massacrata dal cemento, sembrano non aver perso del tutto l'amore per la natura, la capacità di osservazione e si sono accorti subito dello scambio.
E questa volta è andata male a Giufà, il "babbeo che - secondo Leonardo Sciascia, che racconta come ammazzò un cardinale ne "Il mare colore del vino" - ne combina 'una più grossa dell’altra', ma riesce sempre a cavarsela".
Alla fine il povero e malato cipresso è stato rimosso, poiché, conclude Marino, "la scelta compiuta in assoluta buona fede si è però rivelata non consona all'evento che vogliamo celebrare".