AGI - È stato applaudito a lungo da almeno quaranta familiari mentre stava per essere portato in carcere. Il latitante Rosario Pugliese ha ricevuto il 'tributo' all'uscita del comando provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia dopo l'arresto da parte dei militari dell’Arma in una villetta nella frazione di Bivona. Il boss, noto come 'Saro Cassarola' è accusato di essere il promotore dell’omonimo clan. Era irreperibile dal 19 dicembre 2019 quando era sfuggito alla cattura nel corso della maxi-operazione Rinascita-Scott.
Nessuna resistenza al momento del blitz dei carabinieri
Pugliese è ritenuto fra i principali imputati della storica operazione. Il blitz dei carabinieri nel suo rifugio ha posto fine alla latitanza. Nessun telefono cellulare è stato trovato dagli investigatori nella villetta, ma solo duemila euro in contanti. Il latitante non ha opposto resistenza al momento dell'arresto e non ha proferito parola. L’hanno invece a lungo applaudito e incoraggiato i familiari, accorsi dinanzi al comando provinciale di Vibo Valentia per assistere alle fasi del suo trasferimento in auto per essere condotto in carcere.
Gratteri, la latitanza come esternazione del potere mafioso
Per il procuratore antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri si tratta un “fatto grave ma che dimostra quanto la latitanza sia una forma di esternazione del potere mafioso, ulteriore forma di arroganza e dimostrazione della pericolosità, della mafiosità e dell’ardire di queste persone”.
Pugliese avrebbe 'controllato' anche il cimitero di Vibo
Rosario Pugliese è accusato dei reati di associazione mafiosa, con l’aggravante di essere il promotore dell’omonimo clan, estorsione, intestazione fittizia di beni ed usura. Diverse le attività economiche controllate in città anche attraverso Orazio Lo Bianco, ritenuto un suo stretto sodale - arrestato a dicembre dello scorso anno - specialmente nel settore delle pompe funebri. Pugliese avrebbe controllato negli anni anche una parte del cimitero di Vibo occupandosi pure della sepoltura senza bare dei migranti sbarcati nel porto di Vibo Marina e per questo accusato anche di truffa aggravata dalle finalità mafiose.
“Le attività investigative – ha sottolineato la Dda di Catanzaro nell’operazione Rinascita-Scott – dimostrano che il clan Lo Bianco aveva ottenuto pure il pieno controllo del bar (totalmente abusivo e irregolare) all’interno dello stadio di Vibo Valentia, grazie alla concessione dalla società calcistica”. Fra i gestori, secondo gli inquirenti, proprio Rosario Pugliese e Orazio Lo Bianco.
Fondamentali nell'inchiesta Rinascita-Scott per ricostruire le attività illecite della ‘ndrina dei Cassarola, oltre alle intercettazioni ambientali e telefoniche, anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Andrea Mantella (cugino, fra l’altro, di Rosario Pugliese) e Bartolomeo Arena, entrambi di Vibo Valentia. In particolare, quest’ultimo, ha dettagliatamente indicato genesi ed evoluzione dello scontro fra il suo gruppo – ricomprendente gli ex appartenenti al sodalizio guidati da Mantella, esponenti delle famiglie Camillò-Macrì e anche della famiglia Pardea – e quello dei “Cassarola”, con la preparazione di un agguato (poi fallito) ai danni proprio di Rosario Pugliese.