AGI – Conza della Campania è un borgo nuovo: strade larghe, edifici bassi, case distanti. Tutto ha meno di 40 anni, ma se si prende la strada per la collina, c’è un gruppo di case, dove ciò che è ancora in piedi è fermo alle 19,35 del 23 novembre 1980.
Le stanze della memoria
Sono state rimosse le macerie, ma nelle stanze abbandonate in fretta ci sono ancora le tavole apparecchiate per la cena, le camere da letto con le coperte pronte, cornici che racchiudevano sorrisi di famiglie che qualche minuto dopo non si sarebbero più ritrovate. E c’è poi la storia dell’antica Compsa. Perché quell’insediamento romano che prima del terremoto si cercava di portare alla luce tra fatica e risorse che mancavano, poi, con gli scavi per liberare le stradine, le gradinate dalle case sbriciolate, è venuto fuori prepotentemente.
Il parco archeologico di Compsa
Nel 2004 è stato inaugurato il parco archeologico di Compsa. Vito Antonio Farese da sindaco ha lottato per vedere qualcosa che avesse un futuro lì dove prima si veniva a deporre un fiore per un padre, una madre, un fratello, un nonno inghiottiti dal terremoto. “Il parco è un modo per rivivere questo luogo, che per noi è un luogo di un grande disastro – racconta all’AGI l’ex primo cittadino, che nel 1980 era un ragazzo e perse parte della sua famiglia - ora invece per tanti, principalmente per i nostri giovani, è un posto dove invece possiamo riscontrare 2000 anni della nostra. La storia di un popolo che non si è mai arreso, nonostante i terremoti diversi terremoti che si sono susseguiti”.
Il borgo che resiste a tre terremoti
Conza è stata rasa al suolo tre volte dai terremoti, “ma ogni volta è stata ricostruita su se stessa – ricorda Farese - tranne l'ultima, quando si è scelto di delocalizzare a valle anche per una questione di sicurezza”.
Quest’anno nessuna cerimonia solenne. In passato, per il venticinquesimo anniversario, Vito Farese da sindaco organizzò il ritorno dei volontari venuti da Bologna per soccorrere gli abitanti del suo piccolo centro irpino. I giovani di allora diedero vita a una fiaccolata assieme ai volontari bolognesi. Ma questa volta c’è la pandemia, ma il ricordo non mancherà.
“Pesa tantissimo ricordare ogni volta – sottolinea - io cerco sempre di partire dagli anni successivi e non da quella notte, né dai primissimi giorni. E voglio fare un grandissimo ringraziamento ai volontari che davvero ci hanno aiutato a riprenderci, a rialzarci quando quella notte ci cadde letteralmente il mondo addosso. Avevamo perso tutto, non solo dal punto di vista emotivo, che è quello più straziante, ma anche dal punto di vista materiale e anche dal punto di vista dei ricordi che ci sono stati spazzati via, non essendoci più il nostro centro, quello dove abbiamo vissuto la nostra infanzia, la nostra gioventù, e che oggi invece viviamo in altro luogo”.