AGI - Un ragazzo "dalla personalità borderline-antisociale di gravità medio elevata", con una familiarità per i disturbi psichiatrici e una ideazione suicidiaria cronica, tradotta in tentativi "molto blandi" di togliersi la vita probabilmente condizionati dall'abuso "vorace" di cannabinoidi. Ecco chi era Finnegan Lee Elder, il ragazzo americano sotto processo a Roma per aver ucciso con undici coltellate, il 26 luglio dello scorso anno, il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega in un agguato al quartiere Prati assieme al connazionale Natale Gabriel Hjorth.
L'analisi è dei professori Stefano Ferracuti e Vittorio Fineschi che, nell'illustrare le conclusioni integrative della loro perizia alla corte d'assise di Roma, hanno non solo escluso l'esistenza di "scompensi psicotici" in Elder ma hanno pure confermato quanto già riscontrato a livello psichiatrico e cioè che il giovane è da considerare "capace di intendere o di volere al momento del fatto” ed è per questo motivo “imputabile”, data l'impossibilità di dimostrare "che la condizione mentale accertata abbia compromesso la libera capacità decisionale del soggetto” quando uccise il carabiniere.
Nel ricostruire il passato di Elder, i due esperti si sono soffermati, ridimensionando però l'episodio, su un tentativo di suicidio del 14 luglio del 2018, un anno prima della morte di Cerciello. Il giovane si sarebbe buttato dal Golden Gate Bridge di San Francisco sotto l'effetto dello Xanax per far fronte a una cocente delusione sentimentale.
Aveva litigato con la fidanzata che amava tanto, incidendo il suo nome (Mia) sul braccio sinistro e facendosi altri tagli superficiali. Cadde in acqua da un'altezza non considerevole, senza riportare danni significativi, e, con l'aiuto degli amici, riuscì a guadagnare a nuoto la riva. Poi fu ricoverato per alcuni giorni in ospedale per essere sottoposto a cure farmacologiche a base di antidepressivi e ansiolitici.