AGI - Ci sono voluti appena 13 mesi per l’affidamento in comodato d’uso gratuito, per vent’anni alla Asl Rm4, della villa di via Monte Cappelletto 12 a Sacrofano. Già di proprietà del commercialista Marco Iannilli, arrestato nel 2013 perché coinvolto nel fallimento di una società legata all’inchiesta per la maxi truffa ai danni di Tim e Fastweb, nella villa ha abitato per cinque anni anche Massimo Carminati, soprannominato “il Nero” per la sua appartenenza al gruppo neofascista Nar e alla Banda della Magliana.
Condannato per associazione per delinquere nell’inchiesta Mafia Capitale, Carminati è stato scarcerato a metà giugno scorso per “decorrenza termini” dopo avere trascorso in carcere preventivo 5 anni e 7 mesi. Ora il bene è nella disponibilità pubblica.
L'immobile rappresentava il prezzo che il commercialista aveva dovuto pagare all'ex Nar in cambio della sua protezione dalle minacce rivoltegli dall'imprenditore Gennaro Mokbel che voleva indietro i 7 milioni di euro investiti nell'affare Digint.
In seguito al fallimento, la villa è stata sottoposta a sequestro preventivo il 16 agosto 2011 per ordine del tribunale di Roma. E il 3 ottobre 2019 il Comune di Sacrofano ne è entrato in possesso dopo aver risposto a una manifestazione d’interesse dell’ANBSC, l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata, e aver partecipato a un bando della Regione Lazio. La Asl Rm4, che l’ha ricevuta lo scorso 10 novembre, trasformerà ora la villa in un centro di riferimento per famiglie di pazienti con autismo che vivono nel territorio del distretto.
Nel caso della villa di Iannilli, dove Carminati ha abitato per cinque anni con la moglie, “paradossalmente i tempi di assegnazione sono stati anche piuttosto brevi”, commenta per l’AGI Gianpietro Cioffredi, responsabile dell’Osservatorio per la Legalità e la sicurezza della Regione Lazio che ha seguito l’intero iter della vicenda. “Perché – spiega Cioffredi – in passato potevano trascorrere anche 10, 15 dalla confisca al sequestro fino all’assegnazione”.
Affidamento a tempo di record
“Si tratta di criticità – aggiunge Cioffredi – che convivono con i tempi della procedura, che in genere riguardano la fine del processo di confisca, il sequestro vero e proprio, la confisca di primo grado, il ricorso del confiscato, la confisca di secondo grado fino a quella definitiva. Tutti passaggi necessari, ma quando il bene finisce nelle mani dell’Agenzia per i Beni Confiscati rischiano di trascorrere diversi anni, appunto”.
Molto del merito dell’esito di questa vicenda va dato anche al coraggio e alla pervicacia della Sindaca di Sacrofano, Patrizia Nicolini, si lascia intendere nelle sedi istituzionali più accreditate. Eletta nel 2018 con una lista civica, funzionaria del ministero dell’Interno in aspettativa, Nicolini ha risposto subito alla prima manifestazione d’interesse dell’Agenzia Nazionale, fatta nell’ambito della Conferenza dei servizi in Prefettura, e sulla base di un bando della Regione Lazio ha potuto stanziare 50 mila euro per la ristrutturazione dell’immobile.
Per Sacrofano è stato di fatto un giorno importante “perché con questa firma recuperiamo, per la società, un bene che ci è stato assegnato dopo essere stato confiscato e lo mettiamo a disposizione delle fasce più vulnerabili della cittadinanza, non solo del nostro Comune ma di tutto il territorio del distretto sanitario”, dichiara la sindaca Nicolini, che sottolinea: “La sinergia tra le Istituzioni è stata fondamentale per il raggiungimento di questo importante risultato”.
Confisca dei beni a criminalità, iter più veloce
Stando alla relazione dell’ANBSC, l’Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati, in Italia “gli immobili complessivamente destinati ammontano, alla data del 31 dicembre 2019, a 17.226, di cui ben 11.479 dall’istituzione dell’Agenzia avvenuta nel 2010” su un totale di 65.502 beni confiscati e/o sequestrati alla mafia in otto anni tra aziende (4.759), beni finanziari (11.544), immobili (31.158), mobili (3.562) e mobili registrati (14.479).
Secondo i dati elaborati dalla Corte dei conti, che risalgono al 2016, fra la confisca di un bene e la sola comunicazione all’Agenzia Nazionale trascorrono in media 470 giorni, fino a punte di 5.400 giorni, vale a dire 15 anni, come sottolineato anche dal responsabile dell’Osservatorio per la Legalità del Lazio. Capita, però, spiega ancora Cioffredi, che “vi siano situazioni in cui magari il soggetto al quale il bene viene confiscato – specie nelle piccole città – abbia ancora un forte potere intimidatorio e quindi i Comuni hanno oggettive difficoltà a intervenire per acquisire il bene. Oppure, ancora, arrivano talvolta manifestazioni d’interesse per beni che richiedono tanti soldi d’investimento per la ristrutturazione e quindi non se ne fa nulla e il bene finisce, nel tempo, per deteriorarsi”.
La riforma nel 2017
Una particolare accelerazione alla procedura per l’assegnazione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie lo ha impresso la riforma della stessa dell’ANBSC, avvenuta nell’autunno del 2017, e che ha potenziato l’Agenzia nazionale portandola da un organico di 30 unità fino a tre anni e mezzo fa all’attuale, composto da 170 persone, per arrivare agli inizi del prossimo anno intorno alle 200 risorse. Oltre a creazioni di cinque sedi periferiche dislocate a Milano, per il Nord, a Roma per il Centro, oltre a Napoli, Reggio Calabria e Palermo, ciascuna con diverse competenze territoriali.
Spiega all’AGI il prefetto Bruno Corda, il nuovo direttore dell’Agenzia che lo scorso 8 agosto è stato nominato dal Consiglio dei ministri al posto di Bruno Frattasi, che ha assunto le funzioni di Capo di Gabinetto del ministero dell’Interno, che “la consegna del bene materiale all’ente locale dipende da molti fattori, così come la velocità della sua allocazione” ma “da un anno e mezzo a questa parte viene utilizzato come sistema di trasmissione di questi beni non soltanto la forma di ‘call’ pubblica attraverso la quale viene richiesto agli enti locali o agli enti dello Stato il gradimento o la volontà di assumersi questo bene, ma vengono utilizzate le Conferenze di servizio, e questo – prosegue il neo direttore dell’ANBSC – dal punto di vista temporale, ha molto cambiato le cose, perché significa riunire intorno a un tavolo tutti gli enti che a vario titolo avrebbero la possibilità di avere l’interesse all’acquisizione di quel bene e quindi far maturare loro in un tempo reale le decisioni”.
Ciò che comporta “acquisire da parte loro la volontà di assumere il bene che poi noi come Agenzia trasferiamo rapidamente nell’ambito del Consiglio direttivo che è quello che destina fisicamente i beni così come viene previsto dal codice antimafia”.
In genere il Consiglio direttivo dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata si riunisce una volta o due volte al mese e quando l’ente pubblico matura la volontà di interesse per il bene il Consiglio direttivo dell’Agenzia elabora immediatamente la proposta e con altrettanta rapidità lo consegniamo attraverso un atto amministrativo all’ente che ne fa richiesta come previsto dal codice antimafia. “Un cambio di passo considerevole determinato dalla volontà particolare del mio predecessore, lungimirante da questo punto di vista, e che ha determinato delle modifiche significative”, afferma il direttore dell’Agenzia, prefetto Corda.
Tanto più perché “consentirà la consegna del bene stesso ai soggetti del Terzo settore direttamente senza passare per il tramite degli Enti locali” dopo aver presentato un progetto che verrà poi valutato una volta gunto a scadenza il termine previsto.
L’ultimo bando avviato per l’assegnazione dei beni porta la data del mese di luglio e la scadenza, prevista per la metà di dicembre, è stata prorogata di un mese e mezzo proprio in forza del grande interesse dimostrato da parte delle organizzazioni volontariato, di promozione sociale, di mutuo soccorso o di categoria dell’agricoltura sociale, per questi beni. Si tratta di 1.400 particelle corrispondenti a circa un migliaio di immobili sparsi sul territorio nazionale, con grande prevalenza per la Sicilia, ovviamente, dove il fenomeno mafioso è più diffuso e di conseguenza anche i beni confiscati.
La legge per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscasti alle mafie porta la data del 7 marzo 1996 (n. 109) e ha compiuto 24 anni quest’anno ed è il frutto di un estensione della legge Rognoni-La Torre del 1982 che ha introdotto per la prima volta nel codice penale la previsione del reato di “associazione di tipo mafioso” (art. 416 bis) e la conseguente previsione di misure patrimoniali applicabili all'accumulazione illecita di capitali, mentre l’Agenzia per i beni confiscati ha compiuto dieci anni lo scorso 4 febbraio. La 109/96 fu voluta dall'associazione “Libera, nomi e numeri contro le mafie” di don Luigi Ciotti, sulla base di una petizione popolare che all’epoca raccolse 1 milione di firme.