AGI - Nuove prospettive terapeutiche per il trattamento del tumore al pancreas. Uno studio dei ricercatori del dipartimento di Biotecnologie molecolari e Scienze per la salute dell'università di Torino, recentemente pubblicato sulla rivista internazionale "Journal for ImmunoTherapy of Cancer", dimostra, infatti, come sia possibile contrastare la progressione di questo tipo di tumore con una combinazione tra vaccino a Dna e chemioterapia tradizionale.
"Già nel 2013 - spiegano i ricercatori - il gruppo del professor Francesco Novelli aveva dimostrato che l'inoculo di un pezzo di Dna che codificava per una proteina umana, alfa-enolasi (ENO1), diminuiva efficacemente la progressione del tumore pancreatico in topi geneticamente predestinati a sviluppare il tumore al pancreas".
La somministrazione di gemcitabina, un farmaco chemioterapico antineoplastico, è spesso utilizzata come trattamento palliativo nel tumore del pancreas. L'osservazione che la risposta immunitaria nei confronti di ENO1 e di molte altre proteine del tumore era potenziata nei pazienti sottoposti a chemioterapia, ha stimolato l'ipotesi, spiegano i ricercatori, che il trattamento chemioterapico possa essere combinato con l'immunoterapia "di precisione" basata sul vaccino contro una o più proteine associate a questo tumore, aprendo una "finestra terapeutica" anche in nei pazienti con tumore avanzato. Per provare questa ipotesi, è stato valutato l'effetto antitumorale della combinazione tra vaccino a DNA e una singola dose di gemcitabina, proporzionalmente molto più bassa di quella utilizzata per trattare i pazienti, in animali che sviluppano spontaneamente tumore al pancreas.
"I risultati ottenuti - ha spiegato il professor Francesco Novelli, direttore del dipartimento di Biotecnologie molecolari e Scienze per la salute dell'Università di Torino - hanno dimostrato che nei topi predestinati geneticamente a sviluppare il tumore pancreatico il trattamento combinato con chemioterapia e vaccinazione a DNA è molto efficace nel bloccare la progressione tumorale e nello scatenare una forte risposta da parte dei linfociti T-anti tumore. Immaginando di trasferire lo stesso risultato dai topi ai pazienti con tumore pancreatico, il trattamento combinato potrebbe aumentare la sopravvivenza dei pazienti e migliorare la qualità di vita".
"Si tratta quindi - conclude - di un risultato molto incoraggiante, in quanto non esiste attualmente nessun trattamento chemioterapico in grado di determinare anche un solo piccolo ma significativo aumento di sopravvivenza nei pazienti con tumore pancreatico".