AGI - Nella prossima settimana "i ricoveri in terapia intensiva raddoppieranno" e il rischio di un lockdown è più vicino che mai. A lanciare l'allarme è il presidente dell'Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri (Aaroi) Alessandro Vergallo che all'AGI ha spiegato che "ammesso che le misure introdotte dall'ultimo dpcm funzionino, per vedere i primi risultati bisognerà attendere una decina di giorni".
Intanto il trend degli ospedalizzati e dei ricoverati in terapia intensiva è in forte aumento: "Ci aspettiamo un vero e proprio raddoppio. E la nostra è una fotografia del rischio reale". Ecco perché Vergallo lancia un appello affinché "tutti facciano la loro parte per scongiurare una chiusura, forse siamo ancora in tempo".
Ma visti i dati, "se non avessimo un'economia così indebolita dovremmo assolutamente andare in lockdown perché gli ospedali sono sovraccarichi". Per il presidente degli anestesisti la causa di una simile situazione è da ricercare in parte nella medicina generale di base che "non ha ancora trovato un ruolo in questa lotta alla pandemia".
I medici di base "dovrebbero fare opportuni triage telefonici e visite a domicilio, ovviamene muniti di tutti i dispositivi di protezione individuali più sicuri". La partita non si gioca più solo sui tamponi, e "se tutto il ruolo della medicina di base si riduce a contrattare dove e come effettuare il tampone mi sembra un apporto scarso", dice Vergallo.
"Senza un contributo solido della medicina generale di base, si riversa tutto su ospedali che stanno assorbendo tutto il lavoro che non viene fatto da una parte dei medici di famiglia. E in base alle nostre stime quella quota parte è maggioritaria". Ma non è solo un problema medici generali. Nei mesi scorsi "è stato fatto poco e a macchia di leopardo sia per quanto riguarda i posti letto in reparti Covid che per la terapia intensiva", commenta Vergallo secondo cui il numero ufficiale diffuso dal governo degli 8.000 posti letto in terapia intensiva "è sovrastimato. Quelli reali e pronti da subito sono almeno 1.000 in meno, ma a prescindere dal numero non si cavalca la seconda ondata potenziando le terapie intensive. Cosi' si risolve il problema a valle ma non a monte".
Per il presidente degli anestesisti, "ancor meno e' stato fatto sul personale". Vergallo ammette che "non si potevano creare anestesisti dal nulla", ma "si poteva stabilizzare i precari in modo da permetterci di organizzare meglio il lavoro".
Prima della pandemia "il personale con contratto atipico era il 15%, oggi è il 20%. Ci attendevamo un processo riorganizzativo, non per una questione di rivendicazione sindacale, ma per evitare quei corti circuiti tra chi è strutturato e chi è un libero professionista che un giorno lavora in un posto e un giorno in un altro. Tra chi conosce bene quell'ospedale e chi viene catapultato in una realtà che non conosce".