AGI - “Me vie’ da piagne, che sarà? Ciao Gigi, esempio di romanità”. È lo striscione dei romanisti adagiato sulle transenne che stamattina davanti alla Porta del Popolo fronteggiava lo stendardo ufficiale della Roma, squadra del cuore di Proietti, collocato sul sagrato della chiesa del funerale, simboleggiando la separazione tra le diverse facce cittadine per l'addio al re di Roma volato in cielo.
Dentro la piazza i pochi ammessi alla cerimonia della chiesa degli Artisti, colleghi illustri e familiari selezionati dalla famiglia costretta dalle regole antiCovid a limitarsi a una sessantina di inviti, fuori, fermata e controllata da una schiera di poliziotti, la gente comune, quella che nonostante la blindatura del funerale fosse nota, non ha rinunciato a rivolgere a Proietti, seppur un po’ da lontano, l’ultimo saluto e l’ultimo applauso.
“Hanno esagerato, Gigi non sarebbe stato contento - si sfoga con AGI Rossella G., 42 anni, bloccata dalle transenne - capisco le precauzioni conto il Covid, ma ci sono più agenti che persone”. Lei è arrivata con un’amica addirittura da Viterbo prendendo il pullman delle sette del mattino per guadagnarsi un posto privilegiato.
In parte ce l’hanno fatta, mentre la folla è trattenuta su piazzale Flaminio, loro due sono insieme a pochi altri, dentro la piazza, seppur a grande distanza dalla Chiesa degli Artisti, bloccati dalle transenne: “Ammiro Proietti da sempre, ancora di più da quando anni fa ha girato una puntata del maresciallo Rocca nella sala giochi di mio padre e mio fratello - racconta - si fece una foto con papà che si chiama Gigi come lui, dedicandola “ai due Gigi”.
Accanto a lei c’è un signore elegantissimo in giacca e cravatta, Giuseppe Antonio, 70 anni che tiene davanti a sè un cartello su cui ha scritto “In paradiso mancava un grandioso e quello sei tu, arrivederci” e ci tiene a spiegarne la genesi all’AGI: “Sono venuto a informare Gigi che quando andrò io in cielo ci tengo a trovare un cinema, un teatro e soprattutto lui”.
Si parla di aldilà anche nel varco di via Ripetta dove il poliziotto Mario “romano di Ostia” confida che oggi sarebbe stato più volentieri dentro la chiesa ad omaggiare Gigi. Nelle due ore passate davanti alle transenne si socializza, ci si scambiano aneddoti, con la diciottenne Giulia che racconta a tutti come, da quando ha visto Proietti scherzare e ridere con gli orfani nella miniserie tv ‘Preferisco il paradiso’ l’ha considerato “un secondo nonno” avendo perso i suoi nonni veri. Mario, carrozziere in pensione di Trastevere, stamattina, racconta, è già stato a salutare Proietti al Campidoglio (“era un amico, anzi un amicone per tutti”), ora è qui e ci tiene a raccontare che anni fa ha conosciuto Lucio Dalla, Matteo 33 anni, in onore di Proietti si è messo la mascherina della Roma e Loredana, 50 anni ha le lacrime agli occhi.
Tra tanta gente comune si mescola anche Veronica Pivetti, non ammessa tra gli happy few della chiesa, ma decisa ad omaggiare il collega, mentre davanti alla Porta del Popolo “dalle 8,30, quando non c’era ancora nessuno” per ritagliarsi un posto migliore , vicino al gruppetto dei romanisti staziona, con la sua capigliatura rasta Ludgero Fortes Dos Santos . È l’attore che nel ’98 ha esordito da protagonista in ‘Un nero per casa’ diretto e interpretato da Proietti, il ragazzo di colore che si innamorava di sua figlia: “Quando arrivai al provino gli chiesi subito l’autografo perché pensavo che mi avrebbe scartato, e invece rimandò l'autografo e mi scelse -racconta - era una persona squisita, mi ha insegnato tutto, a partire dall’improvvisazione, quando tornavo a casa ero esausto perché pretendeva anche molto, cambiava in continuazione le scene”. Ludgero consegna quindi all’AGI la frase che dentro e fuori piazza del Popolo, sui balconi, in strada e davanti alla tv pensano un po’ tutti: “Era un pilastro, ma ti faceva sentire un suo pari”. Era l'amico di tutti, anzi l' amicone.