AGI - L'ombra della mafia dietro i prestiti usurari ai ristoratori in difficoltà durante il lockdown. Sono state le indagini del Nuceo di polizia economico e finanziaria della Guardia di finanza di Catania a far emergere il ruolo di uno strozzino catanese arrestato per usura, aggravata dal metodo mafioso. In manette il catanese Giuseppe Luigi Celi, 32 anni, che applicava tassi del 120 per cento.
Nella stessa operazione è stato denunciato il padre Antonino Celi perché in casa aveva una pistola calibro 7.65 e 40 cartucce. Giuseppe Luigi Celi, secondo gli investigatori delle Fiamme gialle, ha numerose frequentazioni con personaggi appartenenti alle famiglie mafiose del clan Santapaola-Ercolano. Ecco perché all'uomo, sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, è stata contestata l'aggravante di aver agito con metodo mafioso, oltre a quella che il reato di usura è stato commesso a danno di un imprenditore in difficoltà economica.
L'indagine della Finanza è partita dall'esame della posizione economica di un imprenditore catanese del settore della ristorazione, in forte difficoltà anche a seguito della contrazione economica legata alla emergenza coronavirus. Dalle analisi del Gico è emerso che aveva nel tempo maturato una esposizione debitoria nei confronti di Celi caratterizzata da elevati tassi usurari. In particolare Celi aveva prestato, in più tranche, a partire da febbraio di quest'anno, 3500 euro al ristoratore catanese, che li aveva utilizzati anche per la prosecuzione dell'attività economica in crisi per la pandemia: a fronte di quel prestito, l'imprenditore doveva restituire rate con l'applicazione di un tasso d'interesse superiore al 120% su base annua.
L'intervento dei militari è scattato al momento del pagamento dell'ultima rata del prestito, presso un distributore di benzina a Misterbianco. Le perquisizioni hanno permesso di scoprire e sequestrare mille euro in contanti, agende, 'pizzini' e documenti relativi alla contabilità in nero che attestavano il prestito usuraio.