AGI - Il "sistema Saguto" ha ricevuto il primo colpo giudiziario, inferto dai giudici di Caltanissetta al "cerchio magico" dell'ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo Silvana Saguto: 8 anni e sei mesi di carcere per l'ex magistrato, che, secondo i guidici, dietro il vessillo dell'antimafia trafficava in nomine e si era guadagnata l'appellativo di "regina" dei beni confiscati alla mafia.
"C'e' una sentenza, parla la sentenza", ha detto il procuratore facente funzioni di Caltanissetta Gabriele Paci dopo aver assistito alla lettura, durata 25 minuti, del dispositiv che, per i legali di Saguto, "ridimensiona il quadro indiziario". Cade l'associazione a delinquere, ha spiegato l'avvocato Giuseppe Reina che ha riferito alla cliente l'esito per telefono, e "dalla trasmissione degli atti dell'architetto Caronia deduciamo che è caduta anche l'imputazione che riguarda i 20 mila euro e la consegna di denaro avvenuta a casa del giudice Saguto".
Con la sentenza sono stati condannati l'avvocato Gaetano Cappellano Seminara a 7 anni e 6 mesi; il professor Carmelo Provenzano a 6 anni e 10 mesi di reclusione, Roberto Nicola Santangelo a 6 anni, 2 mesi e 10 giorni di reclusione. Il marito del magistrato Saguto, Lorenzo Caramma, è stato condannato a 6 anni, 2 mesi e 10 giorni; Maria Ingrao 4 anni e 2 mesi, Calogera Manta 4 anni e 2 mesi; Rosolino Nasca 4 anni, l'ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo a 3 anni di reclusione, il professor Roberto Di Maria a 2 anni, 8 mesi e 20 giorni di reclusione, Walter Virga a 1 anni e 10 di reclusione, Emanuele Caramanna a 6 mesi di reclusione. Sono stati assolti il giudice Lorenzo Chiaramonte e Aulo Gabriele Gigante.
"I danni che ha fatto la Saguto, non diversi da quelli causati da tanti altri giudici e amministratori giudiziari - affermano Sergio d'Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino e Pietro Cavallotti, membro del Consiglio direttivo della associazione e vittima delle misure di prevenzione adottate dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo presieduta a quel tempo da Saguto "sono derivati da una legge che permette di disintegrare la vita di un uomo senza prove e di disporre dei suoi beni come meglio crede. Il problema delle misure di prevenzione non era e non è la Saguto ma il regime normativo inquisitorio delle stesse misure di prevenzione dettato da logiche emergenziali che elevano il sospetto a prova e sono contrarie ai principi del giusto processo".