AGI “Mi stupisco di queste prese di posizione che coinvolgono a tappeto tutta l’Italia, il problema oggi è Milano dove l’impatto del virus, se non arginato, potrebbe diventare ingestibile”. Lo dice all’AGI Andrea Gori (fratello del sindaco di Bergamo, Giorgio), direttore del reparto Malattie Infettive del Policlinico di Milano.
La terza fase dell'epidemia
“Andiamo verso la terza fase della pandemia, il contagio sta passando dal nucleo familiare alla popolazione generale - spiega -. Milano rispetto a Bergamo ha un numero di abitanti dieci volte superiore e abbiamo visto quello che è successo a Bergamo. Stiamo assistendo a una trasformazione epidemiologica, con questa seconda ripresa dell’infezione che è caratterizzata dalla diffusione all’interno delle metropoli. Qui vivono più persone con una vita sociale più sviluppata e ci sono i problemi tipici delle grandi città, come povertà, immigrazione e sovraffollamento, che amplificano l’evento epidemico”.
Ora, ragiona Gori, abbiamo una carta in più rispetto alla primavera quando fummo i primi a essere travolti dal Covid. “In altre città europee è successo prima quello che sta accadendo ora a Milano e possiamo agire di conseguenza. Abbiamo visto che le misure diluite nel tempo non hanno avuto grande successo in Francia, bisogna essere più stringenti. Occorre prendere adesso in Italia i provvedimenti che la Francia ha preso solo ora, dopo che non hanno funzionato misure più leggere. Avere la mano leggera non è efficace. Facciamo quello che sta facendo ora la Francia, non c’è nulla da inventarsi”.
Il virus è cattivo come prima
Gori torna su uno dei temi più dibattuti negli ultimi mesi, la presunta minore 'cattiveria' del virus. “In realtà vediamo che man mano che cresce il numero delle persone che si infettano cresce anche la gravità delle infezioni. E’ stato detto più volte che il virus si è attenuato, ma era ed è una stupidaggine a livello epidemiologico. Era così perché si stava diffondendo nella categoria dei più giovani che sono asintomatici ma sono anche la categoria che ci da’ maggiore preoccupazione. Nei vari modelli matematici di previsione c’era scritto che la classe dei giovani adulti poteva essere una delle più difficili da controllare e che avrebbe causato la seconda ondata. E così è stato”.
E’ accaduto, argomenta Gori, che “questi giovani sono andati a casa e hanno infettato i propri genitori, quindi l’80 per cento dei casi era nel nucleo familiare. Ora l’età è passata da 27 anni a 55 anni, un’età in cui il rischio di sviluppare la malattia sintomatica è estremamente più facile”.