Le corse clandestine sono, in Italia, da sempre un ‘ricco’ business della criminalità, che da anni si è abilmente infiltrata in questo settore. E solo di poche ore fa un blitz portato a segno dalla polizia che in Sicilia ha bloccato due calessi e due cavalli e denunciato tre persone, mentre stavano effettuando una corsa nel parco della Favorita di Palermo.Un fenomeno ben radicato anche in Calabria, con i boss della 'ndrangheta legati a settore da passione e affari.
Quanto all’ultima operazione siciliana gli agenti dei commissariati Mondello e San Lorenzo sono intervenuti lungo il viale della Favorita, nei pressi del canile municipale, dove si stava svolgendo la corsa illegale alla presenza di oltre cento giovani a bordo di moto, che occupavano pericolosamente l'intera carreggiata.
Alla vista dei poliziotti, hanno cercato di agevolare la fuga di due calessi. Rintracciato subito un calesse e identificato il fantino palermitano di 54 anni. Subito dopo, in viale Diana, l'altro calesse in gara è stato raggiunto e fermato; poco prima un ventunenne ha favorito la fuga del fantino a bordo di una moto di grossa cilindrata. Sequestrati i calessi e i due cavalli affidati in custodia giudiziaria al centro ippico Asd Horsing Club.
Dalle indagini è poi emerso che uno dei cavalli coinvolti era di proprietà di un 33enne. I tre sono stati denunciati a piede libero per associazione a delinquere finalizzata al maltrattamento e all'abbandono di animali e sanzionati per inosservanza del divieto di competizioni sportive con animali su strade ed aeree pubbliche. Indagini sono in corso per ricostruire la rete degli organizzatori.
La Lav sottolinea nel rapporto che accanto ai tradizionali ambiti, la criminalità organizzata siciliana si è infiltrata in diversi settori afferenti allo sfruttamento di animali. Significativa la penetrazione accertata nell'organizzazione di corse clandestine di cavalli. Le indagini, infatti, hanno confermato l'esistenza di associazioni per delinquere semplici e di associazioni mafiose finalizzate alle corse e scommesse illegali.
Anche l'ippica ufficiale, del resto, è soggetta alle penetrazioni criminali e, in tal senso, l'indagine dei carabinieri denominata "Corsa nostra" è altamente evocativa di quanto la mafia fosse riuscita ad esercitare il pieno controllo delle corse dell'ippodromo di Palermo.
Le attività d'indagine hanno documentato che le cosche si rivolgono con attenzione al settore della raccolta delle scommesse e dei giochi on line. Attraverso la gestione dei centri scommesse, infatti, come sottolinea la Dia, esse accrescono la propria capacità di penetrazione e controllo di altre attività nel territorio, "in una sorta di circolo vizioso, cogliendo non solo opportunità di riciclaggio, ma anche la possibilità di dare lavoro a persone organiche a Cosa nostra".
Passione e affari. Le corse clandestine di cavalli sono parte integrante del business della 'ndrangheta, ma anche un passatempo per boss e affiliati. Il ruolo delle famiglie mafiose calabresi emerge da diverse inchieste della Dda di Reggio. Già nel 2010 la Corte d'Appello del capoluogo reggino, nella sentenza contro il clan Labate, egemone nel rione Gebbione, aveva evidenziato come dal settore la cosca ricavasse ingenti risorse, anche 200.000 euro a scommessa secondo quanto emerso dalle intercettazioni. Le gare si svolgevano sul territorio calabrese ma anche a Messina, dove in qualche caso gli uomini del clan si recavano per assistervi.
Una successiva operazione, denominata "Eracle", è del 2017. Carabinieri e Polizia fermarono 15 persone ritenute vicine al clan Condello del rione Archi. Secondo quanto emerse dalle indagini, la cosca organizzava corse di cavalli sulla strada a scorrimento veloce Gallico-Gambarie.
Gli animali venivano anche dopati con farmaci adatti a migliorarne le prestazioni. Una conferma ulteriore è fornita dalla più recente operazione "Helianthus" che è del 29 gennaio scorso. Protagonista, ancora una volta, il clan Labate che, secondo le risultanze investigative, a conferma di quanto accertato con l'operazione "Gebbione", allevava cavalli da corsa per ricavarne denaro ma anche per coltivare una passione condivisa da altre "famiglie" del Reggino oltre che da clan di mafia e camorra.
Le corse dei cavalli, però, costituirebbero solo un capitolo del libro dei reati contro gli animali attribuibili ai clan calabresi, insieme con combattimenti tra cani, macellazioni clandestine, bracconaggio organizzato, traffico di fauna selvatica, pesca di frodo come emerge dall'ultimo Rapporto Zoomafia della Lav (Lega anti vivisezione) che indica la Calabria come una regione "seriamente interessata dal fenomeno".