AGI - aggiornato alle ore 14,04.
L'orco era laddove dovevano proteggerla e l'"oasi" era diventata il suo inferno. La vittima è una disabile, affetta da una rara patologia genetica, e lo stupratore è un operatore sociosanitario che la conosceva da tempo e si occupava di lei nell'istituto specializzato dell'Oasi di Troina, dichiarata zona rossa nel periodo più critico del contagio Covid.
Un fatto terribile emerso perché la giovane è rimasta incinta. L'uomo di 39 anni è accusato di violenza sessuale aggravata dall'averla commessa ai danni di una disabile e nel momento in cui era a lui affidata. Sposato e padre di un bimbo, ha confessato ed è subito scattato il fermo di indiziato di delitto. Adesso si trova in carcere e l'Oasi di Troina ha già annunciato che si costituirà parte civile.
È stato il legale nominato dai familiari della giovane a presentare alla Squadra mobile di Enna, lo scorso 11 settembre, la denuncia dopo che alla famiglia era stato comunicato che la giovane era incinta. Immediatamente è stato attivato il 'codice rosso'.
I primi accertamenti sanitari effettuati nel reparto di ginecologia dell'ospedale di Enna e del Policlinico di Palermo, hanno permesso verificare che il concepimento risale ad aprile, quando peraltro era positiva al coronavirus, e di focalizzare l'attenzione su un gruppo di persone presenti in struttura al momento del periodo di concepimento.
La donna aveva superato la 25esima settimana di gestazione e alcune indagini di tipo sanitario non potevano essere effettuate per non mettere a rischio la vita della donna e del feto. Agli investigatori non rimaneva altro che sentire tutti i potenziali testimoni. Sono stati convocati i vertici aziendali della struttura sanitaria e successivamente tutti gli addetti ai vari servizi, dai medici agli operatori sociosanitari.
Dalle indagini è emerso che nessuno della struttura sanitaria si è accorto dello stato di gravidanza, ipotizzando che l'aumento di peso della giovane potesse dipendere dal fatto che durante il lockdown ai degenti era stato permesso di mangiare di più o che i farmaci somministrati a volte erano causa di una irregolarità del ciclo.
Dalle prime persone ascoltate è emerso solo un dato che rendeva la vicenda ancora più grave: nessuno aveva accesso alla struttura senza autorizzazione e che altri ospiti disabili non avrebbero potuto commettere il reato. L'attenzione si è concentrata su chi vi lavorava, procedendo con il prelievo dei campioni salivari per estrarre il Dna. Dopo aver ascoltato decine di persone e prelevato diversi campioni, ieri mattina è stato convocato, tra gli altri, l'operatore sociosanitario dipendente della struttura di Troina da due anni, poi fermato. Dalle prime domande è stato percepito il suo forte stato di disagio.
L'indagato ha fatto particolare confusione nel raccontare quanto accaduto negli scorsi mesi e in particolar modo il periodo in cui la struttura di Troina era stata dichiarata zona rossa. Ha riferito che a fine marzo ha chiesto alla direzione sanitaria di fare accesso alla struttura per poter dare aiuto ai suoi colleghi in difficoltà e ai degenti. Dopo qualche giorno, considerata la carenza di personale, è stato autorizzato.
Nei primi giorni di aprile, proprio nel periodo di massima emergenza sanitaria affrontato dalla struttura di Troina, è stato assegnato al reparto dove erano stati trasferiti tutti i soggetti risultati positivi al Covid-19. Durante una delle tante notti prestate in struttura, approfittando dell'assenza temporanea dell'infermiere professionale, ha raggiunto la vittima che conosceva da tempo e l'ha violentata dopo essersi tolto tuta e mascherina.
Dopo le ammissioni, sono stati subito informati i pm che hanno raggiunto i poliziotti presso gli uffici della questura di Enna e raccolto, alla presenza del legale di fiducia, la piena confessione dell'indagato. La procura "continuerà le attività d'indagine per chiarire - viene spiegato - ogni ulteriore aspetto della vicenda e valutare eventuali responsabilità in ordine ai fatti accaduti".