AGI - I Tiromancino tornano con un brano, “Finché ti va”, che mette tutti d’accordo, una ballad di rara raffinatezza, intima, dalla poetica solida, ponderata e allo stesso tempo strabordante di emozioni. Ma soprattutto, una canzone che ci riporta ai Tiromancino di “Illusioni parallele” e “In continuo movimento”, i Tiromancino insomma, guidati da Federico Zampaglione, che sono stati capaci di ritagliarsi un posto nel calderone della storia del cantautorato italiano a cavallo tra i due millenni.
“In effetti è un po' un ritorno a quella atmosfere molto intense, con quel sapore malinconico, di quei dischi lì; credo che ci sia quell’approccio e c’è anche un tocco di modernità nell’arrangiamento, perché c’è una leggera vena elettronica. È una canzone che in qualche modo riprendere quella tradizione”
Ed era tua intenzione riprendere quella parte della storia dei Tiromancino?
“Sai, non c’è mai una cosa veramente pensata dietro le canzoni, sono suggestioni che ad un certo punto incontri nella vita, le canzoni arrivano anche quando non te l’aspetti, semplicemente io vado dietro all’emozione che una canzone ti dà. In questi anni non ho mai fatto particolari calcoli, i pezzi arrivano in maniera spontanea, questa canzone è molto particolare ed io sono molto contento dell’accoglienza, ma non c’è stato un calcolo dietro della serie ‘adesso dobbiamo fare una ballata di quelle che ricordano quel periodo lì’“
Hai sperimentato molto si…
“Per tanto tempo non ho fatto più un pezzo così, ho fatto altre cose, sono usciti pezzi addirittura con ritmiche latine, reggae…io fondamentalmente sono un amante della musica, ascolto tantissima musica, ormai non riesco a dormire se non c’ho le cuffie con la musica. E posso addormentarmi con un disco di Marley come di Clapton, qualcosa di più moderno tipo The Weeknd o Billie Eilish, e poi magari mi sento un disco di Zappa. Quello che mi interessa di più è la spontaneità”
“Finchè ti va” anticipa l’uscita di un album nel 2021, cosa devono aspettarsi i fan dei Tiromancino?
“Sarà un disco pieno di spunti, pieno di cose diverse tra loro, ovviamente con un’unica matrice, un denominatore comune, però è un disco che va in diverse direzioni, ci sono cose di atmosfera, cose un po' più ritmate, cose più sperimentali, ci siamo comunque divertiti moltissimo a farlo. Certo ci è voluto tanto, perché a me le cose piace farle prendendo i tempi giusti. Per fortuna non sono contagiato da questo assalto alla diligenza che porta a buttare sul mercato in continuazione roba, questo è un approccio che io rifiuto completamente; secondo me le cose quando le proponi devono essere ben pensate ed io cerco con ogni canzone che esce di dire qualche cosa. È un discorso artigianale, non mi piace industrializzare la produzione della musica”
Quindi le dichiarazioni del CEO di Spotify che pochi mesi fa ha detto che gli artisti dovrebbero abituarsi ad uscire con cadenza mensile, non ti convincono immagino…?
“L’esigenza industriale non è detto che vada di pari passo con certi ragionamenti artistici, poi bisogna rimanere in equilibrio fra queste cose. Sicuramente le piattaforme streaming è inevitabile che sono diventate importantissime per la diffusione della musica, io stesso ormai ascolto la musica da lì, è il mezzo più veloce, più immediato. Poi sta a te artista sapere quello che devi fare, perché alla fine ci metti la faccia, perché quello che esce è quello che tu hai da dire”
L’uscita di “Finché ti va”, come di brani come “Finchè ti va”, e viene in mente anche l’ultimo disco di Bersani, riportano alla consapevolezza che, nonostante la rivoluzione del cantautorato che convenzionalmente chiamiamo indie, che tante belle cose e tanti bei nomi ha portato alla ribalta, in fondo stiamo comunque vivendo una crisi in termini di contenuti e mestiere; perché poi arrivate voi e fate capire che il cantautorato italiano è tutt’altra cosa…
“La musica può essere tante cose: può essere intrattenimento, può essere qualcosa che usi principalmente per ballare, può essere qualcosa da ascoltare distrattamente e può essere anche qualcosa che vuole darti dei messaggi. È bello che chi ha sempre portato avanti una certa linea continui a farlo, nell’arte è importante essere se stessi, magari tenendo conto di elementi di novità, però fare fondamentalmente quello che senti. Se tu fai un pezzo da ballare che poi spacca, perché sei veramente così, tanto di cappello, il problema è quando ti vuoi mettere a fare roba che non ti appartiene e quell’approccio poi un po' costruito a tavolino si sente. C’è spazio per tutti i tipi di musica, per tutte le espressioni artistiche, l’importante è che siano veramente sentite”
Di questa generazione di trapper cosa pensi?
“Io non ho nulla contro la trap, contro generi che io magari non ascolto ma che hanno un motivo di esistere e poi magari producono delle cose interessanti. Ad esempio mia figlia che ha 11 anni ascolta musica di questo tipo, ho sentito anche cose pazzesche, ragazzi di 18 anni che veramente spaccano; quindi non mi pongo dei limiti, perché non esiste una musica che non mi piace. Un pezzo trap che magari è fatto veramente bene a me piace tantissimo, l’ultimo disco di Marracash è un grande disco rap, Tha Supreme è un ragazzo con delle doti eccezionali, di visione della musica, di scrittura, con un linguaggio innovativo. Allo stesso tempo mi continuo a sentire i vecchi dischi di Dalla, ma non mi piace pormi come quello che giudica e che comunque deve stigmatizzare delle cose come ‘musica di merda’, ecco questo no. Si può pure fare un pezzo estivo, che ti fa ballare, che ti da un senso di gioia, di freschezza…e ben venga”
Immagino che i live ti manchino particolarmente, ma tu come artista hai qualcosa da rimproverare al governo e al modo di gestire l’emergenza riguardo il mondo della musica?
“Guarda, la situazione adesso è molto critica, ma se ora tu mi chiedessi in quale paese io vorrei stare ad affrontare questa emergenza, sicuramente l’Italia è uno dei paesi messi meglio; di certo non vorrei stare in Francia e men che meno negli Stati Uniti. Va detto che molto lo fa anche il pubblico che ha paura di uscire, tu puoi anche dire ‘ok, riapriamo’, ma poi la gente ci viene? Io mi sto accorgendo che nei cinema, malgrado li abbiano riaperti, c’è molta diffidenza. A me mancano moltissimo i live, non vedo l’ora di ritornare a farli, mi rendo anche conto che magari organizzi un live e il pubblico è diffidente, perché ha paura di assembrarsi. Bisogna essere un po' ottimisti e sperare che arrivi il vaccino nel più breve tempo possibile, perché solo lì si tornerà ad una normalità, sennò dobbiamo metterci in testa che tutto è condizionato. Siamo tutti in giro con le mascherine, tutti in paranoia per cose che un anno fa nessuno avrebbe mai immaginato”
A proposito di cinema, stai per tornare dietro la macchina da presa; posso chiederti cos’è, dal punto di vista artistico, espressivo, che trovi nel cinema che un po' ti manca nella musica? Te lo chiedo perché sei un regista vero, con diverse produzioni alle spalle, le tue non sono improvvisate, quindi è evidente che senti una necessità…
“La cosa che accomuna le due cose e mi attrae molto è la narrazione, il senso del racconto, infatti anche le canzoni se ci pensi hanno un filo narrativo; “Finchè ti va” è una storia, che ha un inizio, uno sviluppo…quello che mi piace è raccontare delle storie. Pure con mia figlia, quando la devo addormentare, il più delle volte comincio ad inventare, non le racconto mai le favole standard, parto da presupposti strani, me le invento lì per lì e lei si diverte tantissimo, ma a me quello che piace è raccontare le storie. Questa cosa accomuna le due arti, adesso questo film che sto per fare è tratto dal libro del 2017 “Dove tutto è a metà”, una storia ambientata nel mondo della musica, dove dentro c’è anche un po' di autobiografico, esperienze vissute, con varie sfumature e si intitolerà “Morrison”.