AGI - Una laurea alla Politecnica di Ancona nel 1980 quando aveva 25 anni, specializzazione in igiene e medicina preventiva all’università di Siena con il massimo dei voti, e quarant’anni di professione per poi ritrovarsi a prescrivere farmaci seduta su una panchina o in casa di uno dei suoi 180 assistiti.
Medico di base a Offagna - attualmente 50 mutuati - e in una piccola frazione di Ancona, Montesicuro, oltre a essere guardia medica turnista a Castelfidardo, il vissuto quotidiano di Maria Claudia Finori è quello di un medico di famiglia cui è toccato lo stesso declino di immagine di altre figure che un tempo erano considerati i capisaldi delle piccole comunità, come il maestro e il maresciallo della stazione dei carabinieri.
Ma la dottoressa Finori si dice orgogliosa del suo "lavoro in periferia”, tra malati anziani e molti con patologie gravi, non in grado di muoversi da casa.
Una vera e propria missione, che però le garantisce un reddito così basso da non potersi permettere di pagare l’ambulatorio che il collega le ha lasciato in eredità, insieme alla metà degli assistiti, in quel borgo da 400 anime a quasi 15 chilometri dalla città capoluogo. “Ho stretto i denti per un anno, ben consapevole che non potevo sostenere quelle spese con così pochi mutuati”, racconta.
“Non ci abbandoni”, le hanno detto e la dottoressa ha ascoltato “il sentimento e non la razionalità” e, per un anno, ha tenuto duro grazie allo stipendio che arrivava dal lavoro di guardia medica, dove si è presentata anche con le stampelle pur di non saltare un turno. Il covid, però, ha finito per rompere questo precario equilibrio, costringendo la dottoressa Finori a rinunciare al locale e a trovare altre soluzioni per non abbandonare quella che considera la sua comunità.
“Mi sento una miracolata”, dice parlando della pandemia e dei malati che ha visitato. La sua voce si rompe quando parla di qualcuno che non ce l’ha fatta, ma torna forte quando sottolinea che “Montesicuro è ad oggi una comunità Covid-free”. I suoi anziani la conoscono e, per quanto è possibile, la ospitano. Nelle belle giornate, il suo ambulatorio è stata una panchina, “anche perché è in una zona all’aperto dove funziona la rete internet”.
Ma ora quell’ambulatorio senza pareti dovrà essere sostituito da un luogo con un tetto e più accogliente: il comune di Ancona si è attivato per trovare una soluzione. “Ho bisogno di un locale e spero di trovarlo presto, prima che arrivi l’inverno e il freddo vero, ma il nostro è un lavoro usurante e non comporta uno stipendio fisso”, spiega.
Claudia Finori è comunque orgogliosa della sua “vita al contrario”, anche quando con la memoria torna indietro negli anni (“se avessi potuto scegliere avrei lavorato in ospedale”) o parla delle ferie che non fa “da almeno vent’anni”, visto che le uniche pause che ha scelto di prendersi sono stati “i viaggi a Lourdes come volontaria dell’Unitalsi”.
“Non vorrei che la mia storia fosse mal interpretata”: si schermisce la dottoressa, perché è una donna che preferisce “il dialogo alle polemiche” e la panchina sulla quale ha ricevuto i pazienti per prescrivere qualche farmaco “è simbolo esclusivamente della voglia di non mollare, un segno di responsabilità e disponibilità verso i miei assistiti, che invece visito a casa”. Però non rinuncia a una sottolineatura finale, che è frutto del suo vissuto professionale:
“Spero che nella sanità cambino i meccanismi di compenso, legandoli non alla quantità, ma alla qualità del lavoro di ognuno di noi”. Un riferimento diretto ai medici della mutua, che “quando hanno la fortuna di ereditare centinaia di pazienti dai colleghi che vanno in pensione possono far conto su un reddito accettabile”. Per la dottoressa Finori, invece, è una vita a rincorrere e a faticare il doppio per ottenere meno della metà. “Una situazione paradossale”, dice quando mancano ancora 3 anni alla pensione.