AGI - Un reato 'ad hoc' per vietare e sanzionare l’introduzione di telefonini all’interno degli istituti penitenziari. E' quello introdotto con il decreto sicurezza approvato ieri sera in Consiglio dei ministri.
Fino a oggi, episodi di questo genere erano puniti semplicemente come illeciti disciplinari e sanzionati all’interno del carcere stesso.
Con la nuova previsione, proposta dal Guardasigilli Alfonso Bonafede - si legge nel notiziario web del ministero della Giustizia - si vuole contrastare tutto ciò che può pregiudicare l’efficacia del percorso trattamentale, che tende anche a interrompere i rapporti con gli ambienti criminali esterni di provenienza.
La pena prevista è da uno a 4 anni per chi introduce o detiene all’interno di un istituto penitenziario telefoni cellulari o dispositivi mobili di comunicazione: se a commettere il fatto è un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o un avvocato, scatta l'aggravante, con la reclusione da 2 a 5 anni.
Le norme del decreto sicurezza riguardano poi il rafforzamento delle sanzioni applicate in caso di comunicazioni dei detenuti sottoposti a regime di 41bis.
L’inasprimento, in particolare, scatta nei confronti di chi agevola, nelle comunicazioni con l’esterno, il detenuto sottoposto al regime speciale: la pena prevista passa dagli attuali 1-4 anni a 2-6 anni. Anche in questi casi il reato è aggravato se è commesso da pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio o da chi esercita la professione forense, e la sanzione aumenta fino a 3-7 anni.
In entrambe le previsioni, spiega via Arenula, si è ritenuto necessario sanzionare condotte ascrivibili esclusivamente al detenuto, non ritenendo sufficiente la mera sanzione disciplinare. Il ministero ricorda anche che sono 1.761 i telefoni rinvenuti dalla Polizia penitenziaria nelle carceri italiane fino al 30 settembre scorso: nei primi nove mesi del 2019 erano stati 1.206 mentre, a fine settembre 2018 solo 394.
Si tratta di apparecchi sequestrati nel corso di perquisizioni nelle camere di pernottamento, trasportati con droni o contenuti in palloni lanciati durante la notte nell’intercinta dell’istituto oppure rinvenuti nei pacchi destinati ai detenuti o nascosti all’interno del loro corpo.