AGI - “Vorrei dire che noi siamo fiduciosi che questo accordo possa portare sempre più ad una normalizzazione della vita della Chiesa in Cina e possa aiutare i cattolici cinesi ad essere pienamente cinesi e pienamente cattolici. In comunione con Roma e con il Papa”. Lo ha detto il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, a margine di un convegno a Milano sulle missioni del Pime nel Paese del Dragone, a proposito del rinnovo dell’intesa transitoria tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese per la nomina dei vescovi.
“In gergo diplomatico si dice cauto ottimismo”, ha precisato il segretario di Stato. “La situazione è oggettivamente difficile per le ragioni che sono state ricordate, si sono susseguite nel corso di questi anni. Noi pensiamo che l’accordo abbia segnato un passo in avanti, pur nella consapevolezza di queste difficoltà che c’erano, che continuano e che probabilmente continueranno ancora. Però pensiamo che l’accordo abbia segnato un progresso nelle relazioni come frutto di questo dialogo”, ha concluso.
Consideriamo le posizioni Usa ma non cambiamo linea
Per quanto riguarda le divergenze con gli Usa, “prendiamo in considerazione anche le loro posizioni, però, per volontà anche espressa del Papa, questo non ci fa deflettere dalla linea che abbiamo preso”.
Parolin, reduce da un incontro con l’omologo americano, Mike Pompeo, ha spiegato che “nella comunità internazionale divergenze ce ne sono sempre e non è sempre facile arrivare ad una concordanza”, ma ha confermato la linea di Roma nell’intenzione di mantenere la comunità cattolica cinese sotto l’ala di San Pietro, anche con il rinnovo dell’accordo del 2018 sulle nomine dei vescovi.
“Qualche giorno fa abbiamo incontrato Pompeo e loro insistono sul loro punto di vista, sulla mancanza di libertà religiosa, sulla violazione dei diritti umani” nel Paese del Dragone. “Senza creare scontri: non ci sono scontri però ci sono posizioni diverse su questo tema”.
"I fedeli cattolici in Cina - ha continuato - potranno testimoniare la propria fede, un genuino amore, e aprirsi anche al dialogo tra tutti i popoli e alla promozione della pace" e la firma dell’accordo provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese sulla nomina dei vescovi rappresenta un passo verso “il consolidamento di un orizzonte internazionale di pace, in questo momento in cui stiamo sperimentando tante tensioni a livello mondiale”.
Segni di avvicinamento tra i cattolici cinesi
“In questi due anni, intanto, ho notato segni di avvicinamento tra i cattolici cinesi che su tante questioni sono rimasti a lungo divisi” ha proseguito Parolin. “È un segno importante perché alla comunità cattolica in Cina – ai Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai fedeli – il Papa affida in modo particolare l’impegno di vivere un autentico spirito di riconciliazione tra fratelli, ponendo dei gesti concreti che aiutino a superare le incomprensioni del passato, anche del passato recente”, ha concluso il titolare delle relazioni estere del Vaticano, spiegando il valore di quell’accordo anche nello scacchiere dei rapporti internazionali.
“Ero e sono consapevole che l’accordo provvisorio tra Santa Sede e Repubblica Popolare Cinese del 22 settembre 2018 costituisce solo un punto di partenza. Da parte della Santa Sede, perciò, c’è la volontà che l’accordo sia prolungato, ad experimentum, come è stato finora, in modo da verificarne l’utilità”. “Il cammino per la normalizzazione sarà ancora lungo ma la questione della nomina dei vescovi è particolarmente importante: per la prima volta dopo tanti decenti tutti i vescovi di Cina sono in comunione con quello di Roma”, ha spiegato Parolin, e “Papa Francesco ha accolto anche gli ultimi non riconosciuti”.
Tuttavia “la possibilità di nuove ordinazioni illegittime è rimasta aperta, quindi era necessario affrontare e risolvere definitivamente questo delicato problema”, ma si è compreso che “la soluzione passa necessariamente attraverso accordo tra Santa Sede e autorità della Repubblica Popolare Cinese”. L’accordo è ormai attivo a due anni, “un periodo molto breve per valutare i risultati”, ha considerato Parolin. Peraltro, “alle difficoltà di iniziare un processo tanto nuovo si sono aggiunte quelle create dal Covid 19”, eppure “alcuni risultati ci sono stati”. Di conseguenza “perché il dialogo possa dare frutti più consistenti è necessario continuarlo”.