AGI - Con la recrudescenza di casi Covid anche nel nostro Paese torna alla ribalta la mascherina: troppo frettolosamente abbandonata da molti durante l'estate della tregua, ora molte regioni corrono ai ripari tornando all'obbligo anche all'aperto, ultima il Lazio con l'ordinanza firmata oggi dal presidente Zingaretti. Ma quale usare? Si tratta essenzialmente, come ormai tutti sanno, di tre tipologie, con funzionalità (e prezzi) diversi.
La più diffusa è la mascherina chirurgica: in farmacia si trova a prezzo calmierato, 50 centesimi, ed è quella consigliata dalle autorità sanitarie quando si ha necessità di uscire di casa per fare la spesa, andare in farmacia, per situazioni di emergenza e per recarsi a lavoro. La sua utilità è prevalentemente di comunità: è efficace se la indossano tutti, perchè l'azione di filtro è soprattutto verso l'esterno, impedendo la fuoriuscita da bocca e naso di secrezioni respiratorie, a partire dai famosi e temuti droplet. Secondo l'Oms infatti, il potere filtrante delle chirurgiche è al massimo del 20% verso chi le indossa, ma del 95% verso l'esterno. Sono leggerissime, si respira abbastanza facilmente e sono rigorosamente usa e getta: dopo una giornata (massimo 7-8 ore in tutto) vanno buttate.
Più pesanti, più costose (in farmacia si trovano a 4 euro, ma nei giorni più duri della prima ondata erano arrivate a costare anche 10-12 euro) e molto più protettive sono le mascherine Ffp2, molto diffuse in Italia con la dicitura asiatica KN95. Hanno un filtraggio del 92% sia in entrata che in uscita, e sono consigliate per operatori sanitari, forze dell'ordine, ma anche per tutti i normali cittadini specie in caso di situazione "a rischio": spazi chiusi, mancato rispetto delle misure di precauzione da parte di qualcuno presente, insomma se si vuole essere estremamente prudenti.
Le Ffp2 più diffuse non hanno valvola, quindi la respirazione è molto più difficoltosa, ma sin dalle prime settimane di epidemia è prevalso una sorta di "galateo" che scarta per la popolazione le mascherine con valvola perchè "egoistiche", proteggendo solo in entrata.
La Ffp2 con valvola e la Ffp3, molto meno diffusa tra la popolazione generale, con un potere filtrante addirittura del 98% sia in entrata che in uscita, sono infatti consigliate al personale medico "in trincea", quelli che hanno a che fare con pazienti potenzialmente o ufficialmente Covid. Anche le Ffp2-Ffp3 sono usa e getta, andrebbero cambiate ogni 7-8 ore di utilizzo netto, quindi si possono tenere qualche giorno se si indossano per periodi limitati nell'arco della giornata.
Infine, ci sono le mascherine di stoffa, quelle cosiddette "di comunità" o fai da te: sono lavabili, quindi non essendo usa e getta sono sicuramente preferibili per l'ambiente, ma ce ne sono di tutti i tipi. Una quarantina di aziende produttrici hanno avuto una validazione dall'Iss, molte altre le producono esclusivamente alla stregua di capi d'abbigliamento.
Hanno un qualche potere filtrante in uscita, se non altro perchè limitano i droplet e in generale le secrezioni della respirazione, ma raramente riescono a filtrare particelle di dimensioni inferiori ai 5 micron, quindi soprattutto in ingresso non garantiscono la protezione dal contagio se appunto la barriera di "comunità" non è compatta. Altroconsumo ha di recente lanciato un appello al ministero della Salute per stabilire "dei requisiti minimi di performance per mascherine a uso esclusivo della comunità, lavabili e riutilizzabili per più cicli, validate da un laboratorio indipendente e facilmente identificabili grazie ad un logo univoco”.
In ogni caso, per tutte queste tipologie valgono le quotidiane regole di igiene: attenzione a indossarle correttamente, non toccare con mani non igienizzate la parte interna e evitare sempre di toccare quella esterna, potenzialmente a contatto con il virus. Indispensabile accertarsi che aderiscano bene ai contorni del volto, e ovviamente evitare di portarle sotto il naso (o peggio sotto il mento), riducendole così a inutile e scomodo orpello.