AGI Davanti al ministro dell’Interno ucraino, Arsen Avakov, si fa strada l’ipotesi di un’interprete intimidita che, se confermata, determinerebbe nuove tensioni nel processo d’appello al soldato Vitaly Markiv, condannato in primo grado a 24 anni per l’omicidio di Andy Rocchelli e dell’amico Andrei Mironov mentre documentavano il conflitto tra esercito ucraino e filorussi.
Le minacce all''interprete
La Corte d’Assise ha inviato alla Procura le dichiarazioni messe ieri a verbale da una testimone che racconta di essere a conoscenza delle minacce e di una richiesta di ritrattazione ai danni della donna ucraina chiamata dai giudici di Pavia in primo grado a tradurre le deposizioni di due senatori connazionali nell’udienza dell’8 febbraio 2019. Mittente, via telefono, un anonimo di lingua ucraina.
L’interprete, ha spiegato la presidente del collegio, Giovanna Ichino, è al momento “parte offesa” in questo nuovo procedimento a carico di ignoti, con reati tutti da verificare. Di certo la traduttrice lasciò l’incarico dopo quell’udienza che fu molto combattuta con accese discussioni proprio sul tenore della traduzione.
Cosa si sono detti Conte e il ministro ucraino
Di tutto questo è stato informato il Ministro Avakov, con traduttore al fianco e seduto vicino alla gabbia del detenuto. Prima di entrare in aula, ha precisato il senso della sua presenza: “Sono qui per proteggere e sostenere Markiv. Ci sono prove che dicono che è innocente”. E ha aggiunto, rispondendo a una domanda dell’AGI su eventuali confronti col governo italiano: ““Di questo caso giudiziario il nostro Presidente ha parlato con Conte e abbiamo avuto dei contatti coi ministri italiani. Ci è stato risposto che si augurano che, nell'ambito della procedura giuridica, emerga la verità. Sappiamo che in Italia la magistratura è indipendente dal governo”. Le “prove” a cui si riferisce sono quelle invocate anche dall’avvocato Raffaele Della Valle, in particolare un sopralluogo nel Dombass da cui si evincerebbe che non c’erano le condizioni logistiche e balistiche che avrebbero consentito a Markiv di partecipare all’omicidio in concorso con altri militari identificati, così come ricostruito dall’accusa.
Il mistero dell'intercettazione chiave
I giudici hanno rinviato la decisione se effettuare o meno questo sopralluogo perché prima vogliono vederci chiaro su un’altra intercettazione. Come richiesto dal sostituto pg Nunzia Ciaravolo hanno deciso di far ritrascrivere a un perito la registrazione di un colloquio di Markiv nel carcere di Pavia del primo luglio 2017 in cui si sente la frase: “Nel 2014 abbiamo fottuto un reporter..”. Parole che sarebbero sfuggite al precedente perito “per problemi tecnici”. La nuova incaricata della trascrizione, subito dopo avere ricevuto il compito, ha parlato a lungo con l’imputato dalla gabbia.
Ad aggiungere ulteriore ‘pressing’ diplomatico al processo, la corte ha riferito di aver ricevuto “in modo un po' irrituale” una mail dal ministero della Giustizia ucraino nella quale per questioni di giurisdizione si fa notare che Markiv è cittadino ucraino. Ma è anche italiano e, dunque, processabile qui.