AGI - Il 51 per cento delle donne e il 39 per cento degli uomini europei che hanno avuto un tumore guariscono e in meno di 10 anni le persone guarite tornano ad avere un'attesa di vita simile a chi non si è ammalato. Questo accade per i tumori della tiroide, del testicolo, dello stomaco, del colon retto, dell'utero e per il melanoma.
Sono i principali risultati dello studio sulla probabilità di guarire dopo una diagnosi di cancro condotto a partire dai dati di Eurocare su 32 tipi di tumori in Europa. Lo studio rientra nell'ambito del programma Eurocare, attivo da oltre 30 anni sotto la responsabilità dell'Istituto Superiore di Sanità e della Fondazione IRCSS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, ed è stato condotto grazie al supporto della Fondazione AIRC, della Commissione Europea, di Cariplo e della Compagnia di San Paolo.
I risultati dell'indagine finale coordinata dal Centro di Riferimento Oncologico (CRO) di Aviano sono stati pubblicati sulla rivista International Journal of Epidemiology. "Questo studio è una bussola importante in tema di oncologia - dice il presidente dell'ISS Silvio Brusaferro - ci racconta di progressi significativi in questa malattia e mostra contemporaneamente come sia necessario non distogliere l'attenzione dalle patologie oncologiche neppure in questo momento di emergenza sanitaria. Anche in questi mesi è importante dare continuità a tutti i programmi di screening e ai percorsi di cura".
Le percentuali di guarigione
Dallo studio è emerso che le probabilità di guarire sono superiori all'80 per cento per i pazienti europei con tumori del testicolo (94 per cento), della tiroide (87 per cento per le donne e 70 per cento per gli uomini) e melanomi cutanei (86 per cento nelle donne e 76 per cento negli uomini). Percentuali di guarigione superiori al 60 per cento sono emerse anche per i pazienti con tumori dell'endometrio (76 per cento), della mammella (66 per cento), della cervice (64 per cento) e della prostata (63 per cento), oltre che per i pazienti con linfomi di Hodgkin (75 per cento per le donne e 67 per cento per gli uomini).
I pazienti con tumori dell'esofago, pancreas, fegato, polmone, sistema nervoso centrale (negli adulti), leucemie linfatiche croniche, mielomi hanno ancora probabilità di guarigione inferiori al 15 per cento. Il tempo per la guarigione, necessario affinché diventi trascurabile la morte per la malattia, è molto breve (1-2 anni) per la maggior parte dei tumori della tiroide, del testicolo e per i linfomi di Hodgkin diagnosticati nei giovani sotto i 45 anni di età.
È pari a 5-10 anni per i pazienti con tumori dello stomaco, del colon retto, dell'utero e melanomi. Per le persone con tumori della mammella, della prostata e della vescica, il rischio di ripresa è esiguo ma ancora presente almeno fino a 15 anni dalla diagnosi e oltre la metà dei pazienti non morirà a causa della malattia.
La maggior parte dei pazienti con linfomi, leucemie e mielomi sono esposti per il resto della loro vita a un rischio più alto di ripresa di malattia rispetto agli individui "sani", anche se per una parte di questi pazienti la malattia convive molto a lungo con forme "croniche" o "asintomatiche".
Per i pazienti che non guariscono dal tumore - rileva ancora lo studio - l'attesa di vita varia mediamente da oltre 10 anni per le leucemie linfatiche croniche, difficili da guarire ma con cui si convive a lungo, a meno di 6 mesi per i tumori del fegato, del pancreas, del polmone e del sistema nervoso centrale nelle persone oltre i 65 anni di età.
I pazienti di oltre 65 anni che non guariscono dopo tumori della mammella e della prostata vivono in media oltre 5 anni dopo la diagnosi e l'aumento è stato di circa 1 anno nei 10 anni analizzati dallo studio. Per quasi tutte le forme neoplastiche, all'aumentare dell'età, oltre a calare la probabilità di guarigione, diminuisce il tempo di sopravvivenza di chi non guarisce.
"Stime prudenti"
"Le stime di guarigione dal tumore presentate dallo studio - sottolinea Silvia Francisci, ricercatrice dell'ISS e corresponsabile dello studio - sono da ritenersi prudenti; è ipotizzabile, infatti, che le persone con diagnosi successive al 2007 abbiano una probabilità di guarire maggiore di quanto documentato da questa ricerca".
Si tratta, infatti, di indicatori misurati grazie ai dati su oltre 7 milioni di pazienti raccolti in 17 Paesi europei dal 1990 al 2007 e seguiti per almeno 18 anni, spiega Francisci. Questi indicatori, calcolati per la prima volta in modo sistematico a livello europeo per tipo di tumore, per sesso e per gruppi di età, letti congiuntamente, restituiscono lo stato dell'arte sulla capacitaà dei sistemi sanitari e delle moderne tecnologie di affrontare e sconfiggere, in un'ottica di guarigione, le numerose forme di malattie neoplastiche.
"Attraverso lo studio - commenta Luigino Dal Maso, epidemiologo del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano e coordinatore della ricerca - si è osservato che, in 10 anni, l'aumento della probabilità di guarire è stato di circa il 10 per cento per la maggior parte dei tumori. Dopo 5 anni dalla diagnosi possono ritenersi 'guarite' le persone a cui era stato diagnosticato un tumore del testicolo o della tiroide; dopo meno di 10 anni le persone con tumori dello stomaco, del colon retto, dell'endometrio e con il melanoma. La maggior parte delle persone con tumori della prostata o della mammella non morirà a causa del tumore, anche se saranno necessari oltre 10 anni dalla diagnosi perché la loro attesa di vita raggiunga quella di chi non ha avuto un tumore. Lo studio evidenzia che sono molti i tumori dai quali si può guarire, non solo essere curati".
In Europa, le persone con una pregressa diagnosi di tumore sono circa 25 milioni su una popolazione di 500 milioni di abitanti. "Una percentuale non indifferente di persone guarisce infatti con più o meno piccole disabilità e circa il 15 per cento va incontro all'insorgenza di seconde neoplasie", afferma Francesco de Lorenzo, presidente di FAVO e Past President dell'European Cancer Patients Organisation (ECPC).
"È pertanto urgente e necessario che i governi nazionali - continua - riconoscano concretamente che a tutte queste persone vada assicurata una particolare sorveglianza socio-sanitaria attraverso percorsi ben definiti di prevenzione terziaria e, soprattutto, di riabilitazione non soltanto fisica, ma anche psicologica, sessuale, nutrizionale, assieme alle indispensabili tutele previdenziali e lavoristiche".