AGI - Non è solo una questione di Mike Pompeo e del Cardinale Pietro Parolin o delle diverse - diversissime . visioni che si hanno a Washington o in Vaticano su come trattare la Cina. Il fatto è che alle volte pare proprio che Stati Uniti e Santa Sede siano nati per nono capirsi.
Per dare l’idea: nel 1967 Lyndon B. Johnson venne a Roma a trovare Paolo VI, portandogli come dono ufficiale un piccolo busto di marmo di Carrara. Il busto di marmo raffigurava lo stesso Lyndon B. Johnson, che nell’occasione rispose lui picche al Papa. Montini aveva chiesto di sospendere i bombardamenti in Vietnam almeno in corrispondenza del Natale di quell’anno, tanto più che i vietnamiti erano quasi tutti cattolici. Si sa come andò a finire: i bombardamenti continuarono, Johnson dopo qualche mese rinunciò anche solo a tentare la rielezione alla Casa Bianca ed i vietnamiti diventarono tutti comunisti.
La cosa però non tragga in inganno inducendo a pensare ad una irreversibile distanza, perché accade ed è accaduto che primato petrino e America profonda si incontrino, si annusino e alla fine si piacciano pure. Basta non avere pregiudizi. Se ne accorse un giorno di ottobre del 1979 un uomo venuto da un paese molto lontano per andare a finire in Iowa.
L’Iowa. Sia detto per inciso, uno di quegli stati da cui molto dipenderà il prossimo destino politico di Donald Trump. È zeppo di cattolici ed è considerato territorio da conquistare alle elezioni di novembre. Quindi attenzione a quello che è stato scritto in passato, e che si sta per leggere.
"Preparate l'Iowa che arrivo"
Tutto cominciò per colpa della testardaggine di un contadino, John Hayes: solida fede papista, origini in chissà quale contea della lontana Irlanda e in compenso 90 acri di terra su cui spaccarsi la schiena in quel di Truro, che nessuno sa dove sia esattamente e nessuno lo saprà mai. Dispersa nella blue grass delle praterie.
Aveva saputo, Hayes, che Giovanni Paolo II sarebbe venuto in America, di lì a poco. Era la primavera di 41 anni fa. Dal Vietnam i boat people scappavano dal comunismo con la stessa lena con cui i migranti africani oggi scappano dalla fame e anche loro, i boat people, morivano tra le onde in attesa che qualche barchino venisse a recuperarli.
Pensò, l’agricoltore immaginifico: peccato che il Papa non passi dal Midwest, per non dire dall’Iowa.. Con somma innocenza osò scrivere a Roma, o piuttosto vergò un bigliettino che consegnò alla locale diocesi dicendo che insomma, l’Iowa era il paniere che sfama l’America, terra di contadini sì ma contadini timorati di Dio, che accidenti mi venisse un colpo il Papa avrebbe fatto bene a fare un salto anche da loro, che ogni domenica pregavano per lui che ne aveva tanto bisogno. E la fece partire.
Non si sa bene come ma la cosa arrivò sulla Sua scrivania ed essendo Egli un ex operaio ma, da buon polacco, un vero contadino nel cuore afferrò il messaggio e rispose da Papa. Verrò, figlio diletto. Preparate l’Iowa.
La sigaretta di monsignor Marcinkus
Il problema a questo punto era: dove lo metti, un Papa in Iowa? Des Moines, la capitale, faceva all’epoca 250.000 abitanti ed uno stadio da un decimo dei posti. Figurati se sarebbe mai bastato. Intanto i tempi si erano fatti urgenti, perché tra lo scrivere ed il rispondere si era già a metà agosto, ed il Papa doveva arrivare il 4 ottobre. In più erano in viaggio gli uomini incaricati di preparare, da parte del Vaticano, la visita.
Sbarcarono in due, all’aeroporto, la sera di Ferragosto. Frank Bognanno, il giovane pretino incaricato di affrontare tutto solo quell’urto, li mise su una macchina e li portò in un luogo sperduto. Nubi ed erba a nord, nubi ed erba a sud, erba e nubi ad est come ad ovest.
“E dove lo mettereste, Sua Santità?”, chiese arcigno uno degli inviati, un monsignore, accendendosi una sigaretta con fare scettico. “Qui, esattamente qui”, rispose Bognanno indicando sotto i suoi piedi, come se fosse la cosa più normale della terra. In quel mentre si accorse che il monsignore fumava da un certo pacchetto, e lui di quel tipo di sigarette ne aveva una stecca intera in macchina. Chiamala, se vuoi, Provvidenza. Il monsignore sull’erba si addolcì in una nube, di fumo azzurrognolo.
Per la cronaca, quel monsignore si chiamava Paul Marcinkus.
Ora lo spazio c’era, in una località della Contea di Madison chiamata Living History Farms. Denominazione profetica: chi l’aveva battezzata così pareva già sapesse. Si trattava di riempirlo evitando incidenti, ingorghi, malori e woodstock varie. Ognuno o quasi di quei fedeli entusiasti sarebbe venuto con un ingombrante pick-up o un hammer. Dove li infili, quei bestioni? “In mezzo all’autostrada” rispose placido lo sceriffo messo dal governatore a capo della task force organizzatrice. “C’è la bretella tra l’interstatale 35 e l’80 che fa al caso nostro. Passa di lì, è ampia e gestibile”. Vaglielo a spiegare che era anche uno dei gangli del sistema stradale federale, attraversato quotidianamente da centinaia di camion a rimorchio triplo con dentro tutte le granaglie che l’Iowa mandava in quegli anni nientemeno che in Unione Sovietica, a sfamare i comunisti.
Comunque non avrebbe risolto il problema, perché restava distante qualche miglio dal luogo in cui Sua Santità avrebbe celebrato la messa. Ma niente è impossibile al fervente. Il potere temporale fece il suo, sotto forma di una telefonata del governatore Ray a Washigton (anche qui la Provvidenza: cinque mandati da governatore democratico di uno stato agricolo, e alla Casa Bianca c’era Billy Carter che da bambino vendeva noccioline).
Quanto al potere spirituale, la diocesi fece sapere che quelle miglia percorse in religioso silenzio avrebbero avuto la stessa valenza di un pellegrinaggio, con tutti gli annessi e i connessi. Per chi proprio non ce la faceva, c’erano i bus.
Disastro e rinascita
Montato che fu il gran palco della messa, si trattò a quel punto di aspettare il 4 ottobre. Si attese più del previsto: il volo del Papa era in ritardo, il che fu una fortuna e anche una disgrazia, ma in fondo fu soprattutto un miracolo.
Lo staff del governatore, infatti, si riunì ad ingannare l'attesa in una stanza dal soffitto basso e pieno di tubi sporgenti dell’aeroporto di Des Moines. Il capintesta della congrega si chiamava Joe Grubbs, Gli avevano affidato quanto di più caro ci fosse al mondo in quel momento: una delicata statuetta di porcellana, Rappresentava una contadina polacca, e qui bisogna dire che Ray da politico consumato aveva saputo scegliere: tutto lo spirito della visita era lì, plasmato in pasta vitrea.
Grubbs si mise a raccontare una delle sue storie. Fosse stato solo questo. Si fece prendere dall’entusiasmo e prese ad agitare le mani nel descrivere le dimensioni straordinarie delle galline del vecchio Abraham e nel sollevare le braccia al cielo la contadina picchiò contro il metallo, il collo le si torse, l’invetriata iniziò aa adagiarsi sul pavimento nemmeno fosse glassa di zucchero.
Disastro. Ma non serve essere in una tall tale dell'Iowa per sapere che ci esistono i miracoli e che quel giorno ce ne sarebbero stati tanti. Nel momento in cui la Contadina Polacca finiva tra le mani del Papa polacco. aveva misteriosamente riacquistato tutta la sua luminosa e vitreosa lucentezza. Ancora a desso a Dew Moines giurano sia andata proprio così.
Fu un miracolo, soprattutto, la scintilla di intensa e reciproca comprensione che scoppiò tra quell’uomo abituato alle fredde pianure coltivate a patate e quegli uomini che calpestavano una fredda terra a mais. “Voi vivete nel cuore dell’America e vi è stata affidata la terra migliore del Creato”, disse loro Wojtyla, “siete affidatari di una delle più importanti risorse che Dio abbia dato all’uomo. Abbiatene cura, conservatela bene”.
Il ricordo del vecchio Pontefice
Applaudirono in 350.000, tanti quanti si erano assiepati sul prato. Il Papa li aveva riconosciuti, li aveva visti, li aveva capiti. Cristo non si era fermato a Boston. Da parte sua Wojtyla non volle lasciare l’Iowa prima di aver incontrato quelle centinaia di boat people che i piani federali di redistribuzione fino lì avevano spedito.
Al momento di salutare la folla, racconta chi c’era, Giovanni Paolo II alzò la mano in segno di benedizione e si avvertì un unico, intenso sospiro di attesa e risposta. Sì, Papa e Stati Uniti si erano capiti fino in fondo. Nei mesi successivi si registrò un boom dell’agricoltura, in Iowa arrivarono anche i turisti e le autorità locali accettarono ancora ed ancora i profughi vietnamiti raccolti per il mare. Anzi, una squadra di medici volontari partì quel Natale per andare in Cambogia, dove riecheggiavano le urla del silenzio.
Quanto al Papa, mentre si avvicinava la fine dei suoi giorni ricevette la visita ad limina dei vescovi americani. Toccò al vescovo di Des Moines avvicinarsi a quell’uomo che ormai si esprimeva a fatica, con frasi brevi. Gli ricordò quel giorno del 1979 e Wojtyla ebbe un guizzo. “Iowa”, disse, “quei contadini … e quei profughi”. Poi prevalse la stanchezza.
Ma con quelle due parole, con quel ricordo di un giorno in cui aveva valorizzato la custodia della Terra, sottolineato l’accoglienza per chi fugge e amato intensamente l’America, quel giorno forse Giovanni Paolo II aveva fatto qualcosa di più. Aveva aperto la strada a Francesco.