AGI “Dai commenti alla sentenza emerge che qualcuno ritiene che la vittima che abbia avuto una pluralità di rapporti sessuali possa essere trattata diversamente da una che ha una vita, tra virgolette, normale, ma questo non è vero nel nostro ordinamento”.
Il giudice di Milano Fabio Roia, presidente del Tribunale misure di prevenzione e premiato con l’Ambrogino d’oro, la massima onorificenza assegnata dal Comune di Milano, per il suo impegno nelle aule e fuori a contrasto della violenza sulle donne, valuta le reazioni innescate dalla sentenza che ha ridotto la pena a un uomo colpevole di violenza sessuale perché “esasperato dalla condotta troppo disinvolta" della vittima.
“Questa sentenza – spiega all’AGI il magistrato che è anche consulente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio – ‘lavora’ sull’intensità del dolo. Il giudice ha il dovere di pesare il grado di colpevolezza, uno dei parametri per irrogare le pene è la pesatura del dolo. Quello che qui si voleva dire è stato detto probabilmente in una maniera impropria, cioè che quel tipo di contesto, che però non deve avere connotazioni morali, di disvalore o di inferiorità della vittima, ha creato nell’aggressore un dolo che meritava una risposta sanzionatoria inferiore. Non è che chi esercita la prostituzione per libera scelta abbia meno diritti di una donna che invece non la esercita e meno tutele. Non è e non potrebbe essere, sarebbe aberrante”.
Roia ne fa un discorso generale sulla necessità di comunicare "in modo adeguato", da parte degli operatori del diritto ma anche dei media, temi sensibili come quello della violenza sulle donne.
"Bisogna che il giudice primo tra tutti, ma anche chi partecipa a processi per questo genere di reati, vinca stereotipi e pregiudizi che puoi anche inconsapevolmente avere e poi bisogna adottare una tecnica che affronti i temi in maniera molto asettica, quindi non scivolando in giudizi morali, come spesso avviene nei confronti della vittima. Questo vale anche per gli avvocati che a volte pongono domande sulla moralità della vittima. Bisogna avere la consapevolezza che le parole hanno un peso molto particolare in questo contesto. Quello che è apparso dalla sentenza è che poiché la vittima aveva determinate caratteristiche di libertà sessuale sia stata punita meno severamente, ma è una percezione sbagliata. Occorre che operatori e media si formino su questi temi, anche nelle scuole di magistratura".