AGI - Parte uno studio per indagare le potenzialità di un'innovativa tecnica chirurgica sui tumori ginecologici nelle donne obese. Si tratta della tecnica salvavita gas-less. È ciò che evidenzia la pratica clinica quotidiana dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, dove questo metodo viene già utilizzato con enormi benefici.
La tecnica gas-less, infatti, per la prima volta apre la possibilità di offrire l'intervento in laparoscopia anche alle donne obese o fortemente obese, riducendone significativamente le probabilità di rischio associate.
"Vengono introdotti ai lati dell'addome, nel sottocute, degli aghi particolari che permettono di sollevare l'adipe senza traumatizzare i tessuti", spiega Antonino Ditto, oncologo dell'Unità di Oncologia Ginecologica dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
"Si ottiene così lo spazio di manovra chirurgica senza la necessità di anidride carbonica, oppure introducendone una minima quantità non pericolosa per la paziente. Studi precedenti non hanno evidenziato differenze significative rispetto alla laparoscopia tradizionale, in termini di complicanze, morbilità e risultato estetico", aggiunge.
Un approccio non indicato in tutti i casi
Ad oggi, secondo gli esperti, la laparoscopia è - assieme alla chirurgia robotica - l'opzione chirurgica preferita per il trattamento delle donne con neoplasie ginecologiche e in particolare per il carcinoma dell'endometrio in fase iniziale. Non tutte le pazienti però sono eleggibili per questo approccio. In caso di obesità, infatti, le donne vengono più facilmente indirizzate verso la chirurgia tradizionale, con tutti gli svantaggi che porta con sé: maggiori traumi per la parete addominale, tempi più lunghi di ripresa, un'incisione chirurgica svantaggiosa sul piano estetico contro le micro-incisioni della laparoscopia.
In alcuni casi inoltre le pazienti con obesità patologica vengono giudicate non operabili per cause non chirurgiche come per esempio gli elevati rischi anestesiologici e vengono indirizzate verso cure oncologiche come la chemioterapia, l'ormonoterapia oppure la radioterapia con possibilità di cura significativamente inferiori.
"La laparoscopia prevede l'insufflazione nella cavità addominale di anidride carbonica, che permette una visione in dettaglio dell'area", sottolinea Ditto. "La presenza di gas nell'addome, però, può provocare reazioni fisiologiche come un aumento della frequenza cardiaca e del ritorno venoso, che sono normalmente ben compensate in un organismo sano, ma potenzialmente pericolose in pazienti con patologie concomitanti, come accade di frequente in chi è obeso.
Non solo. Per rendere più agevole il lavoro del chirurgo - prosegue - la paziente è supina e leggermente inclinata verso il basso dalla parte del capo. Questa posizione fa sì che nelle donne obese si crei uno spostamento del grasso verso il torace che provoca difficoltà respiratorie e rischi per il cuore".
Percorso mirato
Per approfondire i benefici e le potenzialità della tecnica sta, quindi, prendendo il via all'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano uno studio clinico ad hoc. "Lo scopo è quello di confermare la validità di questa soluzione salvavita, coinvolgendo le donne con un indice di massa corporea (BMI) superiore a 35, vale a dire obese e grandi obese con diagnosi di tumore dell'endometrio", evidenzia Ditto che è autore dello studio INT.
"Il nostro obiettivo è creare all'interno dell'Istituto un percorso virtuoso dedicato alle donne obese, che prevede l'istituzione di un Centro di chirurgia bariatrica onco-ginecologica, primo nel suo genere in Italia", afferma Francesco Raspagliesi, direttore dell'Unità di Oncologia Ginecologica dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. "Questo percorso è finalizzato ad affrontare la malattia oncologica con una riduzione significativa delle complicanze legate al peso eccessivo.
Oggi sappiamo che le comorbilità, pressoché inevitabili nelle donne obese, rendono più complessa la fase di recupero post operatoria specialmente nel caso di intervento tradizionale, con problemi a carico del microcircolo e di rallentamento nella cicatrizzazione, per citare solo due tra le complicanze più comuni", conclude.