AGI - Continuano a salire i ricoveri in terapia intensiva in questo accenno di "seconda ondata" del coronavirus, ma "la mortalità nei casi più gravi sembrerebbe in calo, probabilmente per una riduzione delle tempistiche che porta a identificare prima i soggetti che hanno bisogno di ricovero, quindi grazie alla diagnosi precoce, e anche per l'utilizzo di terapie più mirate sugli organi e i sistemi colpiti dal virus".
Lo sottolinea all'AGI Alessandro Vergallo, presidente dell'Aaroi-Emac, l'associazione degli anestesisti rianimatori ospedalieri. In ogni caso, tiene a ribadire Vergallo, "non abbiamo evidenze di un virus cambiato, sembra sempre lo stesso e anche i pazienti che arrivano in terapia intensiva sono gli stessi, ossia prevalentemente anziani con precedenti patologie. Non è cambiata la letalità del virus. Noi come clinici siamo sempre pronti a considerare qualunque contributo scientifico, purché sia confortato da dati comprovati. Mi interessa - aggiunge Vergallo - ristabilire un equilibrio tra due poli che si sono ormai radicalizzati: i negazionisti, che pensano sia tutto finito, e l'eccessivo allarmismo. Serve equilibrio: non ci sono al momento segnali di allarme per il carico ospedaliero come nelle prime fasi dell'epidemia, ma dobbiamo sempre prestare attenzione al rischio, rispettando le misure precauzionali che condividiamo in toto".
Quanto all'ipotesi di riduzione della quarantena da 14 a 10 giorni, Vergallo commenta: "Nel comitato tecnico-scientifico ci sono persone molto qualificate, con un curriculum tale che sono certo sapranno dare indicazioni ragionevoli. In ogni caso - conclude - sottoscrivo quanto detto dal ministro Speranza: dobbiamo controbilanciare il contenimento del rischio con la necessità di ripresa delle attività produttive, compresa tra l'altro la tutela della salute rispetto alle altre patologie un po' sacrificate durante l'emergenza Covid. Mi sembra che si possa sottoscrivere un principio di ragionevolezza".