AGI - Antivirali, antibiotici, antimalarici, anticoagulanti, antinfiammatori, terapie a base di anticorpi monoclonali e plasma convalescente. Questi sono i principali approcci terapeutici attualmente in uso e allo studio contro il Covid-19. Sebbene non esista ancora oggi una cura contro le infezioni, sono molti gli studi in corso alla ricerca di un farmaco utile al trattamento.
Tra quelli che l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) considera somministrabili ai pazienti con Covid-19 ci sono ad esempio le eparine, utilizzate nel trattamento della trombosi venosa profonda e dell'embolia polmonare e della sindrome coronarica acuta, che per l'effetto anticoagulante possono dimostrarsi efficaci in alcuni pazienti affetti da SARS-CoV-2.
"Le eparine - scrive l'AIFA - non sono soggette a limitazioni della prescrizione negli usi autorizzati, ma tendono ad essere più efficaci se somministrate tempestivamente, nelle prime fasi dell'infezione". Da aprile 2020 anche l'Azitromicina, un antibiotico autorizzato per il trattamento di infezioni delle alte e basse vie respiratorie, risulta tra le possibili alternative farmacologiche proposte dall'Aifa.
Un piccolo studio in Cina sta valutando poi gli effetti del Darunavir/Cobicistat, un inibitore delle proteasi utilizzato nel trattamento dell'Hiv, ma "la sua efficacia rispetto a Covid-19 è solo aneddotica", commenta l'AIFA.
Sempre con piccole casistiche è stato utilizzato Lopinavir/ritonavir, un inibitore sperimentato nella terapia dell'HIV, ma uno studio britannico non ha confermato un'efficacia significativa nei pazienti Covid-19, specialmente nei casi con una sintomatologia più acuta.
Molto discussa, la terapia a base di idrossiclorochina, utilizzata per il trattamento della malaria, su cui non sono stati riscontrati benefici sufficienti all'approvazione del farmaco per la cura di COVID-19. Anzi, diversi studi sembrano confermarne la pericolosità.
Il remdesivir, un farmaco antivirale sviluppato come trattamento per la malattia da virus Ebola, è stato il primo farmaco autorizzato dall'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), e sembra presentare i risultati più promettenti contro SARS-CoV-2, come emerge da diversi studi condotti in diverse parti del mondo.
Come opzione terapeutica non farmacologica diversi studi stanno considerando l'uso di anticorpi prelevati dal sangue dei pazienti guariti, ma, secondo studi recenti, la dose necessaria per il trattamento di un singolo paziente infetto si ricava dal prelievo di almeno tre soggetti convalescenti. L'uso di plasma convalescente, secondo un piccolo studio americano, potrebbe essere efficace anche nei pazienti pediatrici, ma saranno necessarie ulteriori indagini prima di adottare la metodologia nella popolazione di contagiati.
Uno studio degli esperti della University of Washington School of Medicine sta testando l'efficacia di una proteina antivirale, LCB1, progettata tramite simulazioni al computer, che potrebbe inibire l'infezione da SARS-CoV-2, con un'efficacia paragonabile agli anticorpi monoclonali, ma, secondo gli autori della ricerca, risulta più semplice da produrre e più stabile.
In fase di studio anche le terapie di supporto, pensate per mantenere in vita i pazienti durante il decorso dell'infezione e la manifestazione dei sintomi. Tra queste, l'ossigenoterapia a bassi o alti dosaggi, la ventilazione a pressione positiva non invasiva (NIV), la ventilazione meccanica mediante intubazione e la extra corporeal membrane oxygenation (ECMO), attuata nei casi più gravi.
Tantissimi gli studi attualmente in corso sulla valutazione delle possibili alternative farmacologiche e terapeutiche, mentre scarseggiano le risposte agli interrogativi relativi al virus, alle sue potenzialità, alla sua evoluzione e alla diffusione epidemiologica.
"Il design computazionale delle proteine - sostiene David Baker, della University of Washington School of Medicine e autore dello studio sulla proteina LCB1 - può essere utilizzato per creare promettenti farmaci candidati al trattamento di COVID-19. Siamo sulla buona strada per ottenere risultati promettenti".
In attesa di un vaccino la terapia più promettente sembra però essere quella legata agli anticorpi monoclonali. Ce ne sono diversi in fase di sperimentazione in tutto il mondo. L'ultimo ad essere stato scoperto è quello individuato da un gruppo di ricercatori dell'Università di Osaka in Giappone.
Questo anticorpo sembra essere in grado di bloccare la tempesta di citochine, ovvero l'ipereazione immunitaria indotta dall'infezione Covid-19 che e' responsabile dei casi più gravi della malattia, intervenendo su uno specifico meccanismo molecolare. Altri anticorpi monoclonali sono in fase di sperimentazione in tutto il mondo.
"C'è bisogno - ha detto Giuseppe Novelli, genetista all'Università di Tor Vergata che è alla guida di un progetto internazionale che sta sviluppando proprio questo tipo di ricerche - di avere più di un anticorpo a disposizione per avviare le sperimentazioni".
La filosofia di questo tipo di terapie è che in pratica vengono sintetizzati anticorpi che sono in tutto simili a quelli umani e che possono essere usati nella terapia dell'infezione. Un po' come avviene nel caso della terapia a base di plasma, da cui gli anticorpi sono estratti dal sangue di pazienti affetti.
"Oggi - ha aggiunto - questi anticorpi monoclonali sono la strada più importante perche' ci vuole minor tempo per la fase di sperimentazione clinica e minor tempo per la produzione e servono per la cura dei pazienti infetti, mentre il vaccino invece e' una cosa più a lungo termine, più complicata da produrre e serve per la prevenzione a livello globale, ma noi abbiamo necessita' di avere farmaci specifici adesso e i monoclonali sono farmaci specifici di grande importanza".