AGI - A quasi 10 giorni ormai dall'inizio delle lezioni in classe per milioni di studenti, continua l'affondo dei sindacati che annunciano una manifestazione nazionale a Roma per il 26 settembre. Indetta dal Comitato 'Priorità alla scuola', hanno aderito le principali organizzazioni sindacali: FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola, RUA, SNALS Confsal e GILDA Unams.
Una protesta, spiegano con voce unanime, che nasce "per riaffermare il ruolo centrale e prioritario della scuola e della conoscenza come condizione di crescita del Paese" e soprattutto "per denunciare ritardi e incertezze che accompagnano l'avvio dell'anno scolastico". I punti critici, secondo i sindacati, sono quelli relativi a "investimenti in termini di organici, di spazi, di servizi connessi al diritto allo studio quali, per esempio, i trasporti e le mense".
LE RASSICURAZIONI DEL GOVERNO
Dal governo però arrivano le parole del ministro della Salute, Roberto Speranza, che non solo ribadisce che "le scuole ripartiranno tutte nel mese di settembre e ripartiranno in sicurezza" perché, sottolinea, "questa è una priorita' assoluta".
Ma soprattutto rivendica l'impegno proprio sulle risorse: "Stiamo lavorando incessantemente, stiamo costruendo investimenti senza precedenti - dice - penso che ci sono le condizioni per portare a compimento questo obiettivo che, per noi, è la priorita' assoluta della stagione di ripartenza".
Intanto oggi il Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, ha inviato una lettera a tutti i dirigenti scolastici, in cui sono evidenziati i criteri e la tempistica della fornitura dei dispositivi e delle attrezzature necessari per la riapertura in sicurezza della scuola. La distribuzione dei banchi, delle mascherine e del gel igienizzante, fa sapere Arcuri, è già in corso e in particolare riguarderà 11 milioni di mascherine chirurgiche al giorno, per la totalità degli studenti e del personale docente e non docente, e 170.000 litri di gel igienizzante per settimana.
I TIMORI DEI PEDIATRI
Sul ritorno in classe dei più piccoli, intervengono anche i pediatri i quali sostengono che per la riammissione a scuola dopo un'assenza di tre giorni dovuta a sintomi influenzali simili a quelli del Covid-19, "è necessario il tampone e l'attestato del pediatra". Paolo Biasci, presidente della Fimp - Federazione Italiana Medici Pediatri - spiega all'AGI quella che è la posizione in merito alla questione dei pediatri di base che, in mancanza di tampone, si rifiutano di compilare l'autorizzazione che permette il rientro dell'alunno in classe.
La situazione era stata denunciata dai genitori di bimbi che frequenteranno o già frequentano diversi asili nido, ma il comportamento dei pediatri è in linea con le direttive emanate: "La posizione di Fimp è in completo accordo con il documento ufficiale emesso dall'Iss e dai ministeri della Salute e dell'Istruzione" spiega Biasci. "Il pediatra di famiglia ha la piena responsabilità verso i propri assistiti - osserva - in caso di sintomatologia che può far ipotizzare un caso sospetto, il medico deve richiedere il tampone. Una volta ottenuto si può attestare il rientro se il tampone è negativo. Mentre di fronte a una positività si può rientrare in classe almeno due settimane dopo che saranno spariti i sintomi".
Biasci preannuncia un periodo particolarmente difficile: "Sono mesi che sottolineiamo che finora abbiamo lavorato con le scuole chiuse, ma tra pochi giorni sarà diverso. La maggior parte dei tamponi verrà fatta ai bambini e ai ragazzi. Mi auguro che le aziende sanitarie e le Regioni ci abbiano ascoltato e si siano organizzati" nel numero di tamponi e nella velocità di elaborazione del risultato.
"Se il tampone non c'è o se ci vuole una settimana per avere il risultato il bambino resta a casa finché non arriva l'esito, quindi è importante avere una risposta veloce. E questo sia se il tampone lo chiede il pediatra sia se lo chiede il pronto soccorso, dove lo si ottiene in 4 ore contro i 5-6 giorni non in regime ospedaliero".
Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria (Sip) e responsabile di Pediatria dell'ospedale Bambino Gesù, spiega all'AGI che "se ci saranno dei casi di coronavirus nelle scuole è molto probabile che saranno arrivati da fuori, sempre a patto che le disposizioni in materia di prevenzione del Covid saranno messe in atto con rigore".
"L'epidemiologia è una responsabilità di tutti - aggiunge - se per la riapertura delle scuole pretendiamo determinate regole e poi non le adottiamo fuori allora è inutile". Ecco perché, continua il medico, "è importante introdurre un'ora di educazione sanitaria a scuola, dalle elementari fino all'ultimo anno del liceo. Oggi l'Italia è al 27esimo posto per cultura sanitaria della popolazione".