AGI - “Sono orrificato”: è il lapidario commento del musicologo Paolo Isotta al “proibito cantare” nelle scuole primarie e secondarie dettato dal Cts, il Comitato tecnico scientifico, per il ritorno in classe. La “possibilità di aerosolizzazione” non consente di sfilarsi la mascherina sanitaria per solfeggiare e intonare, togliendo così un altro tassello al mosaico bisestile dell’anno del Covid-19. Non è soltanto una questione tecnica o didattica: “Il canto” dice Isotta all’AGI “è una delle espressioni più importanti di vita comunitaria e quindi vietarlo è come infliggere un colpo mortale al senso della comunità, alle relazioni tra persone, siano esse ragazzi o adulti”.
Già il canto, nel Paese del belcanto, è un po’ una Cenerentola nelle scuole italiane fatta forse eccezione per i licei musicali, mentre “se fossimo”, osserva Isotta, “un Paese che valorizza la cultura avremmo lo studio della musica in tutte le scuole di ogni ordine e grado”. Il precetto del Comitato rischia di spingere ancora più giù un insegnamento che per forza di cose peggio degli altri ha già sofferto della didattica online. “Le lezioni a distanza, bisogna dirlo, sono state per la musica un triste e povero succedaneo, una esperienza sostitutiva in una situazione d’emergenza ma cui non si può dare seguito”, spiega all’AGI Dario Lucantoni, docente di direzione d’orchestra al Conservatorio di Santa Cecilia.
Musica Cenerentola in Italia ma sembra principessa in Gran Bretagna o in Germania, dove sono stati prodotti studi specifici sulle orchestre e il contagio del Covid-19, strumento per strumento, e s’è scoperto che persino gli ottoni – che sembravano quelli più a rischio – non emettono quantità di goccioline rilevanti; un po’ di più il flauto traverso, ma il problema si risolve con l’impiego di piccole barriere in plexiglas. “Anche sul canto andrebbe fatto uno studio per verificare a quale distanza e in che misura ci sia emissione di droplet. Purtroppo", prosegue Lucantoni, "noi in Italia spesso dettiamo regole solo per supposizione o ci rifacciamo agli studi condotti all’estero. Certo, nulla vieta che si canti con le mascherine, ma la cosa più importante sarebbe fondare ogni disposizione su una sperimentazione”.
Non sarà questo l’anno più favorevole alla fioritura di nuovi Caruso e Callas, ma per non bruciarlo si potrebbero sperimentare – in assenza di canto – altre attività musicali: “Ci sono alternative didattiche efficaci basate sul ritmo, sulle percussioni, su giochi sonori anche molto complessi che possono divertire gli alunni senza che perdano l’attività formativa”, dice all’AGI Alvaro Lopes Ferreira, docente di musica d’insieme al Conservatorio di L’Aquila. Secondo lui “il rischio di contagio non riguarda tanto i bambini se guardiamo alla virulenza della malattia e specialmente se rispettano i codici di comportamento stabiliti. I rischi, piuttosto, sono per il docente ma non ci vuole molto a ovviare ai pericoli”.
Il canto? Forse il Cts non ci ha pensato, forse non ha condotto studi specifici come in altri Paesi. Ma basterebbe affacciarsi al Conservatorio di Latina dove hanno trovato una brillante soluzione a basso costo: uno schermo in plexiglas da terra che permette al docente di avere libertà di movimento e di espressione senza un contatto diretto neanche aereo. E se il flauto (a scuola, quello dolce) favorisce l’emissione di droplet, “perché – osserva Lopes Ferreira – non cogliere l’occasione per sostituirlo con il mandolino, che dà accesso alla musica orchestrale e ha in Italia la sua grande valenza culturale e storica, ma che paradossalmente la legge non prevede nelle scuole”. Almeno un vulnus, se non altri, potrebbe essere riparato per una Cenerentola sempre senza scarpetta ma con la mascherina.