AGI - Cesare Romiti, ex amministratore delegato e presidente di Fiat, è morto a 97 anni nella sua casa di Milano. Lo hanno confermato all'AGI fonti vicine all'ex manager. Nel gruppo torinese ha passato 25 anni, dal 1974 al 1998, segnandone profondamente la storia al fianco di Gianni Agnelli. Con Cesare Romiti se ne va uno dei protagonisti della storia industriale italiana del '900, con ruoli nelle grandi aziende pubbliche e nel principale gruppo privato, Fiat, dove fu a lungo il braccio destro di Giovanni Agnelli.
"Scompare un importante protagonista di una impegnativa e controversa stagione delle relazioni industriali e del capitalismo italiano, in presenza di profonde trasformazioni dei mercati internazionali e di spinta a modifiche negli assetti del nostro Paese" ha detto Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. "Amministratore di importanti imprese, recò al gruppo Fiat la sua esperienza di uomo della finanza, contribuendo a consolidarne la presenza nel settore automobilistico e a diversificarne le attività", conclude il Capo dello Stato.
Dal privato alla galassia Iri
La carriera di Romiti, figlio di un impiegato delle Poste, inizia nel settore privato, dopo la laurea in Scienze economiche e commerciali. I primi 23 anni della sua carriera sono vissuti da manager nel settore chimico, prima alla Bombrini Parodi Delfino e poi alla Snia Viscosa dopo la fusione con la sua ex azienda. Fu proprio quest'operazione straordinaria a portare Romiti a frequentare Mediobanca e a conoscere Enrico Cuccia. Dalla chimica Romiti passò ad occuparsi del settore aereo: nel 1970 fu chiamato dall'Iri in Alitalia, di cui divenne successivamente amministratore delegato.
La carriera in Fiat
Lo sbarco a Torino fu pilotato proprio da Cuccia, che lo sponsorizzò in un momento di difficoltà della casa automobilistica, durante gli anni della crisi petrolifera. E sempre dallo storico presidente di Mediobanca arrivò la spinta per il salto di qualità in Fiat: quando, nel 1976, l'avvocato Agnelli volle che Carlo De Benedetti diventasse ad del gruppo, Cuccia insistette perché gli fosse affiancato Romiti, fino ad allora direttore finanziario.
Assieme a loro come ad c'era anche Umberto Agnelli, il fratello dell'Avvocato. La soluzione resse poco: De Benedetti uscì dal gruppo dopo tre mesi, lasciando i poteri a Romiti e Agnelli. Dopo il 1980, sempre su spinta di Cuccia, la gestione operativa del gruppo finì tutta nelle mani del manager romano, che fece una serie di mosse impensabili, compreso il licenziamento di 14 mila dipendenti. Gli scioperi che ne seguirono portarono alla storica marcia dei quarantamila, con i quadri del gruppo che sfilarono per le strade di Torino. Da li' in poi, assieme a Vittorio Ghidella responsabile del settore auto, guida la Fiat lungo gli anni di maggior successo.
L'addio a Torino e lo sbarco al Corriere
Dopo esserne diventato president,e in seguito al ritiro dai ruoli ufficiali in azienda dell'Avvocato, Romiti lascerà la Fiat nel 1998, con sulle spalle anche una condanna, condivisa con altri manager, per finanziamento illecito ai partiti, frode fiscale e falso in bilancio. Quest'ultimo capo d'accusa cadde nel 2003. Uscendo dal gruppo, chiese ad Agnelli di poter acquisire una quota di Gemina e iniziò un'attività imprenditoriale in proprio. Rifiutate due proposte, fra cui una di Silvio Berlusconi, Romiti divenne presidente del Corriere della Sera, carica ricoperta fino al 2004, e fu fra gli azionisti di Impregilo (di cui è pure stato presidente) e degli Aeroporti di Roma. A lui si deve anche la nascita della Fondazione Italia-Cina, che ha guidato dal 2003 al 2018, quando, a 95 anni, ha ceduto il timone all'imprenditore Alberto Bombassei, patron di Brembo.