Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, è indagato nell'inchiesta della procura di Milano sulla fornitura di camici da parte della società gestita dal cognato. Lo confermano fonti investigative.
E' 'frode nelle pubbliche forniture' l'accusa mossa a Fontana, nella vicenda dell'acquisto di 75mila camici da parte della Regione Lombardia dalla ditta del cognato, Dama Spa.
Secondo l'ipotesi degli inquirenti - i pm Luigi Furno, Carlo Scalas e Paolo Filippini, coordinati dall'aggiunto Maurizio Romanelli - infatti, il governatore sapeva dell'operazione che la centrali di acquisti regionale Aria stava compiendo nell'acquisto dei camici in periodo di emergenza, nonostante il conflitto di interesse derivante dal fatto che la Dama Spa è di proprietà del cognato, Andrea Dini, e che la moglie di Fontana, Roberta Dini, ne avesse ancora una quota del 10%.
Sia Dini, che Filippo Bongiovanni, ex dg di Aria (che poi ha chiesto di essere sollevato dal ruolo) sono indagati per turbata libertà nella scelta del contraente e in concorso con Fontana anche per frode.
Come anticipato dal Corriere della Sera, i pm fonderebbero anche su alcuni movimenti di denaro le loro ipotesi investigative, a partire dall'idea che Fontana conoscesse l'operazione di acquisto dei camici dalla Dama Spa fin dall'inizio.
Il governatore - stando alle indagini - avrebbe voluto in qualche modo 'risarcire' il cognato per l'acquisto non andato a buon fine e trasformato in donazione per questioni di opportunità - nel momento in cui un'inchiesta giornalistica aveva messo gli occhi sulla vicenda - trasferendogli una grossa somma da un conto estero.
Un altro punto su cui si concentrano i pm sono inoltre i 25 mila pezzi (dei 75 mila totali) che Dini avrebbe ritirato dal pacchetto destinato ad Aria per piazzarli su libero mercato: nel venire meno al contratto stipulato con la Regione (che poi si fosse trasformato in donazione stornando la fattura sarebbe un fatto secondario) c'è un elemento che gli inquirenti reputano interessante.