AGI - "Comportamenti gravemente scorretti" in violazione dei doveri imposti ai magistrati. Sono le 'accuse' che la procura generale della Cassazione, titolare, con il Guardasigilli, dell'azione disciplinare per le toghe, muove al pm di Roma (ora sospeso) Luca Palamara, al magistrato in aspettativa, oggi deputato di Italia Viva, Cosimo Ferri, e ai 5 togati del Csm - Luigi Spina, Gianluigi Morlini, Antonio Lepre, Corrado Cartoni e Paolo Criscuoli - che hanno dovuto lasciare Palazzo dei Marescialli dopo l'emergere dello 'scandalo' dalle intercettazioni dell'inchiesta di Perugia.
Il processo davanti alla disciplinare del Csm prenderà il via martedì prossimo, 21 luglio: al centro, in particolare, la riunione notturna del 9 maggio 2019 all'Hotel Champagne per parlare di nomine ai vertici degli uffici giudiziari, e, soprattutto, di quella a capo della procura di Roma, come emerso dalle conversazioni intercettate dal trojan inoculato nel cellulare di Palamara. Tra i presenti, anche il deputato dem Luca Lotti, per il quale i pm della Capitale avevano già chiesto il rinvio a giudizio per la fuga di notizie sul caso Consip. Nell'atto di incolpazione, la procura generale della Suprema Corte guidata da Giovanni Salvi ricorda che nella riunione "erano discusse e approfondite, anche al fine di una loro enfatizzazione vicende che concernevano uno dei concorrenti" all'ufficio direttivo romano, ossia il capo della procura fiorentina Giuseppe Creazzo, "ipoteticamente ostative alla sua designazione", e mette in rilievo, riportando un dialogo intercettato tra Palamara e Lotti, la "strategia di danneggiamento del dottor Creazzo correlata ad esigenze del citato interlocutore".
Non solo: da più conversazioni emerge, secondo il pg, una "strategia di discredito" da parte di Palamara nei confronti dell'allora capo della procura romana Giuseppe Pignatone e, soprattutto, dell'aggiunto Paolo Ielo.
La procura generale contesta quindi agli incolpati un "uso strumentale della propria qualità e posizione, diretto, per la modalità di realizzazione, a condizionare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste, quali la proposta e la nomina di uffici direttivi di vari uffici giudiziari da parte del Consiglio superiore della magistratura", parlando anche di comportamento "idoneo ad influenzare, in maniera occulta, la generale attività della Quinta Commissione dell'organo di autogoverno".
E ancora: ai 5 ex consiglieri di Palazzo dei Marescialli, alle contestazioni del pg inerenti le "violazioni dei doveri di riservatezza, correttezza ed equilibrio", si aggiunge quella del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, secondo il quale avrebbero gettato "discredito sull'ordine giudiziario" e inciso "negativamente sulla fiducia e sulla considerazione di cui il magistrato deve godere".