AGI - Nessuno sa dire quando abbia cominciato a vestirsi da ghepardo, ma a un certo punto è sembrato più antico del Duomo e più necessario del lago alla città di Como. Lui, Aldo Capoferri, nemmeno sapeva spiegare perché avesse deciso di farsi confezionare su misura un abito con tanto di cappello maculato col quale girava per le vie del centro storico da un tempo ignoto, come si confà a un personaggio leggendario, quantificabile in molti anni.
L’’uomo ghepardo’ spargeva meraviglia e leggerezza con un incidere lento, poco affine alla virtù principale del felino più veloce della terra. Nella sua flemma si dilatava un tempo incantato per un sorriso a tutti, e ai bambini e alle donne in particolare, ad alcune delle quali era solito portare quelle che scherzosamente amava chiamare “le rose del vicino”.
Non rifiutava mai una foto o una battuta con i turisti e i passanti conquistati dalla sua dolcezza. Rifiatava osservando la città con sguardo bonario da un bar del centro che era diventato la sua postazione di ogni giorno.
Prima di mutarsi in ghepardo e concedersi una meritata pensione, Capoferri si era sperimentato in una moltitudine di lavori: muratore, contadino e cuoco della mensa mitica fabbrica Riva Rossi dove si costruivano i trenini. La venerazione dei suoi concittadini si era consacrata nella nascita di un gruppo Facebook, ‘I fan dell’Uomo Ghepardo’, con migliaia di iscritti. E’ morto a 91 anni, fino a qualche giorno fa ancora il suo mantello maculato splendeva vicino al lago.