AGI - L'emergenza sanitaria ha messo a nudo "le preesistenti carenze e criticità del sistema penitenziario, enfatizzando la sua inadeguatezza a far fronte al fenomeno che si stava presentando: sovraffollamento degli istituti, mancanza di spazi destinabili alle necessita' sanitarie, diffuso degrado strutturale e igienico in molte aree detentive, debolezza del servizio sanitario".
È uno dei passaggi chiave della Relazione annuale al Parlamento del Garante nazionale dei detenuti e delle persone private della libertà personale, Mauro Palma. La Relazione - presentata all'Universita' Roma Tre alla presenza, tra gli altri, della vicepresidente del Senato Anna Rossomando, dei ministri della Giustizia e dell'Interno, Alfonso Bonafede e Luciana Lamorgese, e della presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia - rileva il consistente calo delle presenze in carcere tra i mesi di marzo e di giugno (oltre 7.700 in meno dalle 61.230 registrate il 29 febbraio alle 53.527 del 23 giugno).
Ma ancora oggi nel conto vanno messe 867 detenuti che scontano una pena inferiore ad un anno, 2.274 con una pena compresa tra uno e due anni e 13.661 che hanno un residuo di pena inferiore a 24 mesi: tutte situazioni che - secondo il Garante - pongono interrogativi circa il mancato accesso a misure alternative e che fanno emergere una dimensione "classista" del sistema ordinamentale.
Quelli segnati dalla pandemia sono stati tempi difficilissimi anche per l'universo carcere, con le proteste e i disordini che hanno portato alla morte di 14 detenuti e con i 284 casi di contagio, più i 51 registrati tra il personale dell'amministrazione penitenziaria. "A monte delle proteste - rileva Palma - c'è stata anche una comunicazione sbagliata, tendente a presentare le misure che necessariamente si stavano per adottare come totalmente preclusive di ogni possibilità di contatto con l'esterno e di proseguimento di percorsi avviati".
Mentre la risposta governativa contro il sovraffollamento è stata sì "un primo passo importante", che ha evitato conseguenze più pesanti, ma avrebbe dovuto precederne "altri più incisivi anche al fine di affrontare una criticità sistemica che richiede un ripensamento complessivo sull'esecuzione delle pene e sulla unicità della pena carceraria come sistema di risposta alla commissione del reato".
Perché c'è un altro tragico problema con il quale dover fare i conti: quello dei suicidi. Quello del tardo pomeriggio di ieri a Sollicciano è il 25esimo dall'inizio dell'anno: alla stessa data, l'anno scorso erano 20. Cinque - emerge dalla relazione - hanno coinvolto persone che in libertà erano senza fissa dimora e in più di un caso si è trattato di persone che avevano appena fatto ingresso in istituto e, conseguentemente, erano state collocate in isolamento sanitario precauzionale, come avviene per tutti i nuovi giunti. Senza dimenticare il "vuoto normativo" determinato dalla "persistente mancanza di una disciplina della risposta alla patologia psichica insorta o maturata nel corso della detenzione che la equipari a quella fisica".