AGI - Non è la prima volta che alcuni articoli scientifici vengono ritrattati, a volte anche dopo molto tempo, e dopo che la loro pubblicazione ha comportato conseguenze rilevanti in termini di salute pubblica.
In passato è successo in diverse occasioni, come per esempio nel caso dell’articolo, pubblicato sempre su The Lancet da Andrew Jeremy Wakefeld nel 1998 che metteva in relazione il vaccino trivalente con l’autismo.
In questo caso la scoperta della frode scientifica avvenne solo anni dopo la pubblicazione, e la rivista ritirò l’articolo solo nel 2010 quando ormai le pseudo ricerche di Wakefiled avevano alimentato un forte movimento novax che è arrivato fino ai nostri giorni.
In tempi di pandemia, quando i ricercatori da tutto il mondo si affannano a pubblicare il più presto possibile tutti i dati di cui vengono in possesso è normale che questi incidenti capitino ed è anche più importante aumentare la sorveglianza soprattutto in materia di integrità dei dati. Anche perché la pubblicazione dell’articolo non esaurisce l’attività di verifica dei dati e delle informazioni che continua attraverso la replicazione delle sperimentazioni.
“Forse - spiega in un lungo post su Facebook Enrico Bucci, Adjunct Professor presso la Temple University di Philadelphia - non è abbastanza chiaro che, quando si dice che la scienza procede controllando ed autocorreggendo sè stessa, significa che procede anche eliminando le pubblicazioni che non reggono allo scrutinio della comunità scientifica, e che un dato appena pubblicato è solo all'inizio della sua analisi, non alla fine. In una pandemia, ce ne dimentichiamo perché vogliamo risposte subito; ma le cose non funzionano così”.
I ricercatori hanno provveduto cioè a verificare i risultati delle ricerche che via via venivano pubblicati e poi hanno proceduto a segnalare eventuali anomalie e discordanze. Alla fine, spiega Bucci, ne è venuto fuori un vero e proprio “piccolo cimitero delle pubblicazioni su COVID-19 che non hanno resistito allo scrutinio degli scienziati, fra cui alcune adottate troppo frettolosamente per informare le policy pubbliche”.
Le ritrattazioni sul Covid
Il primo esempio citato dal professore che è anche autore del libro “Cattivi Scienziati-la frode nella ricerca scientifica” edito da Add Editore, è la pubblicazione dello studio che negava l’utilità delle mascherine che era stato usato dall’OMS.
Poi è stato ritirato uno studio che identificava il virus nel peritoneo. Anche la ricerca che descriveva la morte per Covid-19 di una donna incinta è stato ritirato e la stessa fine hanno fatto anche gli studi pubblicati sul New England Journal of Medicine relativi agli ace inibitori e quelli che misuravano falsi positivi ai tamponi tra i pazienti asintomatici.
I casi che riguardano "Lancet"
Infine, ed è cronaca di questi giorni, due studi di Lancet: quello sulla tossicità della clorochina e un altro che descriveva le condizioni di lavoro degli infermieri a Wuhan.
“In aggiunta a queste ritrattazioni - chiosa Bucci - potrei citarne altre, ma il messaggio non cambierebbe: non citate pubblicazioni a caso, nemmeno delle riviste più prestigiose, se non è passato qualche tempo o se non siete in grado di analizzarne il contenuto. Non sono le riviste a stabilire cosa è scienza, ma i colleghi degli autori che hanno pubblicato - e per questo ci vuole un minimo di tempo”.