AGI - “Come festeggio? Non me l’aspettavo proprio, passerò il pomeriggio dal dentista, avevo già appuntamento. Quando un ex collega stamattina mi ha girato un articolo con la notizia all’inizio ho pensato che mi prendesse in giro, ma era scritto così bene che ho finito col crederci. E ho pensato che se c'è una cerimonia devo comprare una cravatta, mai avuta una".
A Maurizio Magli da Albano Sant’Alessandro, provincia di Bergamo, è servito un po’ di tempo per immaginarsi Cavaliere della Repubblica insignito dal presidente Sergio Mattarella. E’ stato scelto lui in rappresentanza degli operai della Tenaris di Dalmine che hanno risposto sì quando l’azienda ha chiesto chi, su base volontaria, volesse dedicarsi all’impresa di far prendere forma, nel minor tempo possibile, alle bombolo a ossigeno per far respirare gli ammalati di coronavirus. “Ci siamo riusciti - racconta all’AGI - abbiamo lavorato al massimo per produrre 5mila bombole per l'ossigeno in un mese anziché nei due, tre che servono di solito. Abbiamo saputo dell’emergenza a fine febbraio quando l’azienda ha messo in campo le precauzioni per evitare il contagio. Poi è arrivata la commessa per la fornitura e hanno chiesto chi aveva un po’ di buona volontà per continuare a lavorare, chi se la sentiva di stare in fabbrica anziché a casa”.
E lui quella “buona volontà” ha capito subito di averla: “Per me è valsa la regola del buon senso. Io sto bene, la mia famiglia sta bene di salute, non vedevo perché non proseguire il mio mestiere per dare un contributo a una causa importante. Sono molto legato anche alla Tenaris, ho 40 anni e lavoro qui da 20 anni. Mi rende orgoglioso sapere che facciamo tutti una bella figura”.
Il turno di Maurizio, in quei giorni, cominciava alle sei del mattino e finiva all’una. “Il lavoro è stato quello di sempre ma con ritmi più serrati. “ Una bombola si fabbrica a partire dallo spezzone di un tubo, poi si creano il fondo dove si appoggia e l’ogiva. Questa è lavorazione grezza a cui seguono tutta una serie di controlli molto delicati, anche quello idraulici per testarne la tenuta, che non scoppi”. In questa routine, si è inserita però l’eccezionalità determinata dall’emergenza sanitaria.
“Per fare in fretta abbiamo lavorato a orario ridotto, in base alle disposizioni dell’azienda per evitare contagi, ma a regime massimo. Questo ha significato ottimizzare i tempi, ridurre le pause, fare tutto quello che è umanamente possibile”.
Tra loro gli operai volontari hanno parlato poco, non c’era bisogno di caricarsi: “Il fatto che abbiamo deciso di continuare a stare in fabbrica significa che ci era molto chiara l’importanza della causa. Non c’era tanto da dire, si lavorava a testa bassa e basta. Certo, era inevitabile in alcuni momenti pensare a dove andavano queste bombole. E’ stato un bollettino di guerra qui a Bergamo, sapevamo che dovevamo fare in fretta”.
La prima persona a cui ha annunciato l’onorificenza è stata Michela, la moglie che era in casa con lui al momento del messaggio: “Ma anche lei ha capito e no, fa l’insegnante ed era impegnata in una lezione online. Poi ho chiamato subito Andrea, il mio direttore operativo. Questo non è un premio mio, ma di tutti i colleghi che hanno deciso di restare a lavorare e dell’azienda che ce l’ha fatto fare. Dopo che abbiamo consegnato le bombole, non ho mai saltato un giorni di lavoro. Se sto bene, per me è naturale andare in fabbrica, anche se ammetto che un po’ di ferie le farei volentieri, magari nel sud della Francia dove andiamo di solito, Un aumento di stipendio? No, non me lo aspetto, mi basta la stretta di mano dell’amministratore delegato. Ma poi cos'ho fatto di strano? Sono andato a lavorare come ho sempre fatto, tutto lì".