Inferno dei rider, commissariata Uber Italy
Inferno dei rider, commissariata Uber Italy

Inferno dei rider, commissariata Uber Italy

Maria Teresa Santaguida
uber commissariata per caporalato
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Cottimo e violenze

Se i rider non rispettavano le condizioni di lavoro, se solo provavano a ribellarsi - come accaduto in un caso, quando il giovane si rivolge al titolare definendolo "schiavista" - la reazione e' "il blocco dell'account", o, peggio, la "privazione delle mance".

Ma bastava anche molto meno per essere puniti: "Quelli che bivaccano, che puzzano, che fanno ca...ate, fuori dai co...ni all'istante", si legge in un altro messaggio; mentre la perdita o la rottura della borsa, il grosso cubo che portano sulla schiena e con cui si vedono sfrecciare per le città, "comportava una multa di 80 euro".

Dall'altro la condizione senza speranza in cui versavano i fattorini, per lo più giovani e provenienti da "Paesi in guerra": "Dimorano nei centri di accoglienza straordinaria; sono in una condizione di vulnerabilità tale da chiedere permesso di soggiorno per motivi umanitari mentre aspettano di ottenere lo status di rifugiato politico", scrivono i magistrati.

E ancora - delineando un quadro duro, ma con parole ricche di umanità -: si sentono "costretti a lavorare per non vedere fallito il proprio sogno migratorio"; vivono "un forte isolamento sociale"; sono "sfruttati e discriminati da datori di lavoro senza scrupoli che approfittano della loro vulnerabilità per reperire lavoro a bassissimo costo, poiché si tratta di persone disposte a tutto per sopravvivere".

Turni massacranti e paghe minime

Tre euro. A tanto ammontava la paga per una consegna, indipendentemente dalla distanza percorsa; con punizioni anche da 50 centesimi se non venivano accettate le fase orarie proposte. Il risultato era che anche in un turno "massacrante" di circa 70 consegne al giorno non si superavano i 200 euro di guadagno, spesso accreditati anche in ritardo.

Oltre 21mila euro le mance "rubate" dai caporali.La situazione è persino peggiorata con l'emergenza Covid e con l'esplosione dei servizi di consegna a domicilio, che "potrebbe aver provocato reclutamenti a valanga e non controllati".

Si è arrivati infatti ad un "regime di sopraffazione retributivo" nei confronti di persone "reclutate in una situazione di emarginazione sociale", aggravata "dall'emergenza sanitaria a seguito della quale l'utilizzo dei rider è progressivamente aumentato a causa dei restringimenti alla libertà di circolazione", considerano i togati.

Le indagini

L'indagine che ha portato al provvedimento è stata condotta dalla Guardia di finanza, Nucleo di polizia economico finanziaria di Milano, con il coordinamento del pm Paolo Storari e della numero uno della Dda, Alessandra Dolci.

Alle società intermediarie sono stati contestati anche la frode per circa 500mila euro di contributi non pagati; è stato sequestrato oltre mezzo milione di euro, trovato in una cassetta di sicurezza e sono stati indagati 5 fra titolari e gestori per praticamente "tutti" i reati in materia di diritto del lavoro.

Dal canto suo, Uber Eats in una nota ha spiegato di aver "messo la propria piattaforma a disposizione di utenti, ristoranti e corrieri negli ultimi 4 anni in Italia nel pieno rispetto di tutte le normative locali. Condanniamo - aggiungono - ogni forma di caporalato attraverso i nostri servizi in Italia".

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