(AGI) - Milano, 26 mag. - La Regione Lombardia non fa i tamponi agli infermieri che assistono a domicilio i malati di coronavirus con ossigenoterapia e altre cure ritenute cruciali dalla comunità scientifica per evitare che gli ospedali esplodano. E non rimborsa i soldi investiti dalle cooperative e dalle imprese, a cui ha affidato da anni questi servizi, per fornire i dispositivi di protezione agli operatori sanitari accolti nelle case come un sollievo.
La denuncia è di Massimo Sparpaglione, presidente dell’associazione ASSEDO che le raggruppa e che paventa l'ipotesi del fallimento per questi enti chiamati ad affrontare spese ben oltre le loro possibilità.
“Il nostro sistema sanitario deve capire - spiega all'AGI - che se noi andiamo in giro per il territorio ci deve essere data la possibilità di fare i tamponi. Alcuni dei nostri associati sono riusciti perché avevano pazienti Adi Covid (cioé in una situazione di fragilità e non autosufficienza, anche parziale, ndr) e le strutture dove andavano gli garantivano il test. Per molti altri non è accaduto. Questi tamponi andrebbero fatti in modo continuativo perché, se anche sono negativo oggi, non è detto che lo sia dieci giorni dopo, visto che continuo a visitare pazienti”.
Il secondo problema sollevato da Sparpaglione per conto delle decine di enti che a lui fanno riferimento è quello “della protezione dei lavoratori che richiede un considerevole incremento dei costi”. “Quando andiamo nelle case, garantiamo che i nostri operatori e i pazienti siano protetti, non diventando veicoli di diffusione. Dopo due mesi e mezzo dall’inizio di questo servizio che c’è stato chiesto dalla Regione non sappiamo quanto ci pagheranno e se ci pagheranno per l’acquisto dei dispositivi. Abbiamo fatto presente nelle diverse mail inviate alla Regione e alla Prefettura che gli erogatori di servizi non possono sopportare spese ben al di sopra delle remunerazione riconosciuta. Il rischio è che falliscano con le ovvie conseguenze nefaste per gli assistiti. Il limite di budget sarà raggiunto ben prima della fine del 2020 e noi stiamo dando questo servizio senza avere la certezza di un pagamento perché non hanno mai voluto stabilire quanto è. Stiamo sostenendo costi molto elevati e chiediamo che ci sia un rapporto equo e condiviso al servizio della collettività”.
Il rappresentante dell'associazione evidenzia anche il tema del reperimento e del costo eccessivo dei dispositivi, non solo mascherine ma anche camici monouso, copriscarpe e altro. “Ad oggi la fornitura dei Dpi o non rispetta i tempi o viene fermata dalle autorità doganali. Come potrei dire ai miei pazienti che ho finito le mascherine e non posso più venire a farti assistenza in casa?”.
C’è poi un altro problema che riguarda lo stipendio degli infermieri domiciliari. Ad alcune delle cooperative e delle imprese sono arrivate lettere nelle quali le Ats avvertono che hanno sforato il budget del primo trimestre del 2020. In sostanza, il lavoro 'straordinario' sostenuto durante questo periodo, quando il numero dei pazienti è perlomeno raddoppiato, non può essere retribuito agli infermieri. Alle diverse richieste di aiuto mandate in questi mesi da ASSEDO, "la Regione non ha mai risposto mentre la Prefettura ci ha fatto sapere che ha iniziato un percorso di verifica".